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Antenati degli scacchi: petteia e latrunculi

Scipione Emiliano annientò molti nemici senza combatterli ma isolandoli e bloccandoli come fa un abile giocatore di petteia.

Polibio

Quando un paio di settimane fa ho seguito per Archeokids #PlayMW, la giornata all’interno della Museum Week dedicata al gioco, mi sono accorto che è ormai da un po’ di tempo che su questo blog non scriviamo più di giochi antichi.

Un paio di anni fa descrissi il gioco vichingo del Hnefatafl, mentre lo scorso anno Samanta si era occupata del Senet egiziano. Quando durante #PlayMW, il Museo di Archeologia Ligure ha postato una foto con alcuni bambini che giocavano al ludus latrunculorum, non ho quindi perso l’occasione per continuare la serie sugli antenati degli scacchi.

In questo post ci soffermeremo su due giochi molto simili e molto diffusi nel mondo greco e romano: la petteia e il ludus latruncolorum.

La petteia

Un cittadino senza uno stato può essere comparato a un pedina isolata in una partita di petteia.

Aristotele

Al centro di questo viaggio tra gli antenati degli scacchi c’è il gioco della petteia. Oltre che da Polibio e Aristotele, ne scrivono anche Omero, Euripide e Platone. Omero scrive che i Proci giocavano a petteia mentre attendevano che Penelope scegliesse uno di loro come nuovo sposo. Secondo Euripide, Palamide avrebbe inventato il gioco mentre era in attesa di salpare per Troia con l’esercito greco. Platone invece scrive nel Fedro che la petteia fosse stata inventata dal dio Theuth, quindi in Egitto, portandoci perciò a pensare che possa essere stata ispirata dal Senet.

Se la paternità dell’invenzione è contesa, non c’è alcun dubbio sul fatto che fosse un gioco molto popolare. Questo è testimoniato anche dalla sua rappresentazioni su diversi vasi: in quello dalla forma allungata riportato qui sotto, chiamato lekythos, i due personaggi, che sono nientemeno che Achille e Aiace, stanno giocando proprio alla petteia. Si vedono molto bene le pedine disposte sulla scacchiera.

Achille (a sinistra) e Aiace (a destra) giocano a petteia. Lekythos attica a fondo bianco del pittore di Diosphos (500-475 a.C. circa). Museo del Louvre. (Fonte: Wikimedia, pubblico dominio)

Come si giocava a petteia? Come per tutti gli altri giochi dell’antichità non ne conosciamo tutte le regole ma possiamo solo ricostruirle approssimativamente.

Un aiuto lo fornisce lo storico alessandrino Giulio Polluce che, nella sua opera Onomasticon, scrive che a petteia si gioca con “con molte pedine su una scacchiera con spazi delimitati da linee: il tavolo da gioco è chiamato polis e ogni pezzo cane. Le pedine hanno due colori e il gioco consiste nel catturare la pedina avversaria racchiudendole tra due pedine del proprio colore”. Il gioco si conclude quando uno dei due giocatori ha catturato tutte le pedine dell’avversario

Sappiamo anche che le pedine in greco erano chiamate pessoi (πεσσόι), erano 12 o 24 e non potevano essere mosse in diagonale ma solo ortogonalmente. La scacchiera era solitamente formata da una griglia di 8×8 o 8×12. 

Il ludus latruncolorum

Da questa parte il dado conta un doppio sei;
dall’altra la pedina bicolore è vinta da un doppio nemico.

Marziale – Un tavolo da gioco

Il ludus latruncolorum, latrunculi o semplicemente latrones  era un gioco popolarissimo nel mondo romano. Oltre a Marziale, che lo include nell’epigramma citato qui sopra, lo citano anche Ovidio e Macrobio, mentre la prima citazione è di Varrone, nel I secolo a.C.

La foto che vedete qui sotto raffigura una tavolo da gioco per il ludus latruncolorum ritrovata dagli archeologi lo scorso 9 maggio presso il sito di Vindolanda, nell’estremo nord dell’Impero, sul Vallo d’Adriano. Dovette essere utilizzata probabilmente all’interno di una terma e quando si ruppe venne riutilizzata nel pavimento di un altro edificio. Sul Vallo d’Adriano erano di stanza molti soldati, e il gioco dei ladruncoli era effettivamente molto diffuso nell’ambiente militare.

Un tavolo da gioco per il Ludus Latruncolorum recentemente rinvenuta a Vindolanda sul Vallo di Adriano (Fonte: Vindolanda Trust)

Come per la petteia, anche per il ludus latruncolorum non ci sono giunte le regole del gioco integrali. Il legame con la petteia è comunque molto diretto. Gli elementi principali del gioco sono gli stessi: pedine e il tavolo da gioco a scacchiera. Sono state proposte moltissime versioni del gioco. Qui facciamo riferimento alle due che contengono molti degli elementi presenti anche nelle altre: la prima versione è molto simile alla petteia mentre la seconda, più tarda, ci è suggerita dal Libro dei Re dell’arabo Firdawsi

La prima versione è sostanzialmente una variante della petteia. All’inizio le pedine vengono disposte una ad una dai due giocatori senza uno schema di apertura come invece è riportato per la petteia. In questa variante inoltre, le pedine oltre a muoversi ortogonalmente possono saltare una pedina per andare a occupare la casella libera successiva. Il pezzo catturato è definito alligatus o incitus.

La seconda versione invece include tra le pedine un re, che non può essere catturato ma solamente bloccato, sempre per custodia. Le pedine sono disposte lungo un lato e, in questa versione, lo scopo è quello di portare il re sull’ultima fila della scacchiera, attraversando quindi tutta la linea dello schieramento delle pedine avversarie.

Un tavolo da gioco per il Ludus Latruncolorum rinvenuto a Housesteads, sul Vallo di Adriano, completo di pedine e contenitori per dadi, II-III secolo d.C. (Fonte: Historic English Archive)

Quale gioco e quale versione preferite? Quale regole cambiereste? Visto che non abbiamo quelle originali, qualche modifica la potremmo anche proporre! Chi si fosse appassionato, può provare a giocare utilizzando una normale scacchiera; per chi invece vuole qualcosa di più, cercando un po’ su internet si trovano anche siti che vendono tavoli da gioco e pedine specificamente per petteia e ludus latruncolorum? Anche se antichi, siamo veramente sicuri che siano passati di moda?

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