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Salapia: la città fondata tre volte

Hostilius: Ehi tu… sì dico proprio a te! Sei un archeologo vero? Sei tu quello che deve riportare alla luce la mia città vero?

Archeologo: Ma tu sei… Non posso crederci… sei proprio tu!

Hostilius: Sì sono io: Marcus Hostilius! Sono io il fondatore di Salapia.

Sono trascorsi molti secoli ma la laguna è sempre lì. E anche se adesso è diventata una salina e fa meno paura di un tempo, le sue acque mi ricordano quello che è stato: la pestilenza e la disperazione dei Salapini che a me chiesero soccorso. Mi implorarono di aiutarli a cercare un luogo meno malsano dove poter crescere i loro figli ed io non fui sordo alle loro richieste. Quand’ebbi trovato terre più salubri dove rifondare la città, mi recai a Roma per chiedere l’autorizzazione del Senato. Un solo sesterzio ciascun Salapino dovette versarmi per quelle terre, ma ne avrebbero pagati molti di più se fosse stato necessario… Che frenesia quei giorni! Che fatica! Quante speranze! Le strade da tracciare, le case e gli edifici pubblici da ricostruire, un’intera comunità a cui restituire la speranza di un futuro… Ed ora, cosa è rimasto? Dov’è la mia città? Chi ne riscriverà mai la storia?

Archeologo: Ci siamo noi, siamo qui per questo. Ciò che rimane della tua città è qui, sotto i nostri piedi e noi vogliamo riscoprirlo…

“Stop!!! Buona questa. Adesso ci spostiamo negli ambienti della domus e giriamo lì la seconda parte del video, ok?”

Francesco Ripanti, oltre ad essere uno degli archeoblogger di Archeokids, è anche un bravissimo autore di archeovideo, brevi filmati che propongono delle storie a partire da quanto viene ritrovato in un sito archeologico e che vedono gli archeologi protagonisti del video stesso in qualità di attori. Se vi dovesse capitare, soprattutto d’estate, quando molti sono i cantieri archeologici aperti, di vedere un archeologo che gira l’Italia con telecamera, cavalletto, omino cantastorie e ciak, sappiate che è proprio lui.

Quest’estate, quando qui in Puglia c’erano 40 gradi, Francesco è venuto a trovarci sul sito dell’antica città romana di Salapia, nelle campagne che circondano Trinitapoli e Cerignola, a pochi chilometri dalle saline di Margherita di Savoia. Ovviamente ha girato un video e i due archeologi attori, Roberto e Giovanni, hanno recitato le parti del romano Marcus Hostilius e di un archeologo, per l’appunto.

Chi è Marcus Hostilius ? Vi starete chiedendo… Ve lo dico tra poco, prima devo raccontarvi un pezzettino della storia di Salapia.

Là dove oggi si estendono le saline di Margherita di Savoia, tantissimo tempo fa, già in epoca preistorica, c’era un’enorme laguna e proprio all’interno di questo spazio umido, sorse, circa dieci secoli circa prima di Cristo, una città chiamata Salapia. Il luogo non era certo dei migliori; la laguna, col tempo, si trasformò ben presto in una palude, anche a causa della mancanza di sbocchi verso il mare e l’intero abitato divenne un luogo malsano, invivibile per le continue pestilenze che i poveri abitanti erano costretti a subire. Cosa fare? Abbandonare la città e trasferirsi? Ma dove? Ed è qui che entra in gioco il nostro Hostilius.

I salapini, i cittadini di Salapia, si riunirono e decisero tutti assieme di affidare a Marcus Hostilius, che evidentemente doveva essere un uomo stimato e benvoluto da tutti e conosciuto persino a Roma, il compito di trovare un luogo più adatto in cui trasferire la loro città.

Hostilius doveva avere davvero a cuore la sorte dei salapini, perché ascoltò le loro richieste e decise di aiutarli. Trovò dei terreni fertili, a ridosso della laguna e non molto lontano dal mare, li acquistò e chiese al Senato romano l’autorizzazione a fondare lì la nuova città.

Ottenuto il consenso, divise queste terreni in lotti, cioè in appezzamenti quadrati, e vendette ciascuno di essi ai salapini al prezzo simbolico di un sesterzio, come dire due euro! Per evitare che la città potesse di nuovo impaludarsi, fu creato uno sbocco verso il mare, trasformando la palude in un porto. A quel punto tutto era pronto e la rifondazione ebbe inizio: furono ricostruite le case (domus), le strade, gli edifici pubblici e fu realizzata una poderosa cinta muraria munita di torri quadrate.

Pianta della città di Salapia fondata da Hostilus.

Siamo alla fine del primo secolo avanti Cristo e la ricostruzione andò avanti per diversi anni. La città rifondata ebbe una vita lunga che si protrasse almeno fino al settimo secolo e forse anche oltre. Nell’undicesimo secolo, non è ben chiaro se a causa di un nuovo impaludamento o se per ragioni difensive, Salapia cambiò, ancora una volta, sede e si spostò sul cosiddetto Monte di Salpi, una collinetta artificiale distante pochi metri.

La vecchia città, ormai abbandonata, divenne uno spazio di macerie dove recuperare pietre e altro materiale utile per costruire i nuovi edifici e un luogo in cui seppellire i defunti.

La storia di Salapia, la città fondata tre volte, è in parte nota grazie a quanto scritto nelle fonti antiche, ma sono soprattutto gli archeologi, che qui scavano da due anni, che stanno lentamente contribuendo a riscriverla.

Si tratta di una storia molto interessante, avvincente, per certi versi triste e soprattutto ‘fragile’, perché molte delle sue pagine sono state cancellate dal tempo e dall’intervento, talora inconsapevole, dell’uomo. Quando gli archeologi hanno cominciato a scavare hanno capito da subito che dovevano rassegnarsi all’idea che molti dettagli, più o meno rilevanti, di questa storia erano persi per sempre.

Il passaggio, ripetuto negli anni, dell’aratro aveva portato via e distrutto muri, tetti, pavimenti, oggetti e chissà cos’altro ancora. Lo scavo si è così trasformato in una corsa contro il tempo per cercare di conoscere, il più rapidamente possibile, quanto non ancora distrutto e allo stesso tempo evitare che altre tracce del passato potessero essere danneggiate.

Quella che pian piano gli archeologi stanno riportando alla luce è la Salapia fondata da Hostilius, la seconda città. Ne è stata ritrovata una domus costruita all’epoca di Augusto e ampliata e ristrutturata nei secoli successivi, quando si arricchì di mosaici colorati con motivi vegetali.

La domus vista dall’alto di un drone.

 

Le pareti di questa ricca residenza erano decorate con affreschi di cui sono stati ritrovati diversi frammenti e che tanto ricordano, nelle tonalità e nelle decorazioni, quelli di Pompei.

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È stata anche scavata una conceria, cioè una bottega per la lavorazione del cuoio. Tutti questi spazi furono, molto probabilmente a partire dal quinto secolo e oltre, dopo una fase di abbandono, rioccupati e nuovamente utilizzati come spazi in cui vivere, molto più modesti però e precari rispetto ai secoli precedenti. Ormai, l’età d’oro di Salapia si era conclusa.

La conceria vista dall’alto di un drone.

Quanto sinora è stato scavato costituisce una minima parte della ricchezza e articolazione delle strutture nascoste ancora sotto il suolo: gli archeologi, con strumentazioni in grado di rilevare la presenza di murature sepolte, hanno potuto per così dire radiografare il terreno e la sorpresa per quello che hanno scoperto è stata enorme. A pochi metri dalla città di Salapia, di cui ancora una parte consistente resta da scavare, c’è molto altro: una villa con peristilio e forse altre strutture per la raccolta dell’acqua e la conservazione delle scorte alimentari. Senza contare la città medievale ancora nascosta sul Monte di Salpi.

Insomma, il lavoro degli archeologi a Salapia potrebbe continuare per molti altri anni e forse decenni, ma i problemi con cui bisogna fare i conti sono enormi: la mancanza di fondi, l’azione agricola che sta lentamente cancellando come una gomma le tracce del passato e poi il fatto di dover scavare in un terreno privato che complica, non poco, i problemi di gestione dell’area e la programmazione di ogni tipo di attività. Che fare? Gli archeologi sono molto bravi nel porre le domande giuste, ma fanno molta più fatica a trovare le risposte adatte, soprattutto quando, a dare queste risposte, dovrebbero essere le istituzioni, chi ha in mano le sorti di un territorio e può decidere se salvarne o meno la memoria storica.

Però gli archeologi possono fare qualcosa di estremamente importante e strategico per il futuro di Salapia come di qualsiasi altro sito archeologico: raccontarne la storia alla comunità, adulti e bambini, che vivono a stretto contatto con le testimonianze del passato e che il più delle volte non hanno gli strumenti per cogliere, autonomamente, il valore culturale di quelle tracce. Le domus, le strade, le botteghe, che a prima vista possono risultare solo ammassi confusi di pietre, sono in realtà parole di una lingua che la gente non conosce più e che può nuovamente imparare a parlare correttamente solo grazie all’aiuto degli archeologi, per così dire interpreti di un sapere capace di restituire la conoscenza del passato della propria terra, della propria città e anche di se stessi.

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A Salapia questa “scuola di archeologia” aperta a tutti è iniziata grazie ad una serie di iniziative rivolte a grandi e piccoli. La speranza maggiore è che questa scuola possa restare aperta il più a lungo possibile e che le conoscenze condivise, i valori restituiti, le identità ricostruite possano servire a trovare assieme una soluzione, tra le migliori possibili, per il futuro di tutta l’antica laguna di Salpi, affinché la città fondata tre volte possa finalmente trovare la sua sede definitiva nella memoria e nella coscienza di tutti i cittadini.

Archeologi e cittadini di Trinitapoli assieme sullo scavo.

Se a questo punto siete curiosi di guardare con i vostri occhi il paesaggio stratificato della laguna, vi consigliamo di vedere questo video, promo di un documentario girato proprio a Salapia. E speriamo che la bellezza del paesaggio, che si coglie sorvolandolo dall’alto, possa da sola bastare a convincere tutti, sindaci, assessori, imprenditori, comuni cittadini, bambini, che non c’è da tempo perdere: bisogna salvare Salapia ed evitare che finisca nella palude della storia.

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