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Un bambino ceramista nell’età del bronzo! Alla scoperta di un nuovo approccio di studio dalla Svezia

I bambini imparano ed eseguono le cose molto velocemente se quello che fanno gli piace, oggi come nell’Età del Bronzo!

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Le dita di un bambino moderno sulle impronte presenti sul vaso (Foto per cortesia dell’autrice Katarina Botwid)

A sostenerlo è Katarina Botwid, archeologa svedese dell’Università di Lund esperta in ceramica, da poco dottore di ricerca con un progetto molto originale, tra i cui protagonisti c’è anche un bambino (o una bambina) di più di 2500 fa.

Curiosi di saperne di più? Dovete sapere che prima di studiare archeologia Katarina si è formata come artigiana. In una decina di anni si è specializzata nel realizzare ceramica della preistoria e questo ha poi influito molto sia nella scelta di diventare un’archeologa che di concentrare le sue ricerche sulla preistoria. Nel progetto di ricerca del suo dottorato si è chiesta come un punto di vista esperto sul lavoro di artigiano, come la prospettiva di uno specialista che sa realizzare un oggetto utilizzando le tecniche antiche può aiutare gli archeologi ad avere maggiori informazioni su un pezzo e quindi ad arrivare a un’interpretazione più raffinata. Ha sviluppato una vera e propria artisanal perspective!

Alla parte teorica della ricerca segue anche una parte pratica in cui tra i quattro casi studio ce n’è uno con protagonista un bambino. Archeokids ha intervistato Katarina Botwid per non perdersi questa incredibile storia!

Katarina, puoi darci qualche dettaglio in più su quella che hai definito interpretazione artigiana (artisanal interpretation)?

Gli oggetti che troviamo quando scaviamo possono essere studiati da diversi punti di vista e ritengo sia possibile stabilire il livello di abilità dell’artigiano che ha realizzato un oggetto secondo una metodologia e parametri specifici. La ceramica si presta particolarmente bene a questa prospettiva perché in essa rimangono spesso impressi segni che mostrano l’azione diretta dell’uomo che l’ha prodotta, ad esempio le impronte digitali. Peso, equilibrio, spessore, tecnica e livello di realizzazione, scelta del materiale, qualità della cottura, sono tutti parametri che aiutano a stabilire se il livello di abilità dell’artigiano è professionale, buono o basso. Quello che è più interessante è che questo metodo di studio permette di andare più vicino alle persone o ai gruppi che hanno realizzato l’oggetto, ci aiuta a inserire l’oggetto in quello che era il
suo contesto di vita.

Come hai messo in pratica questa tua prospettiva artigiana?

Parte integrante del mio progetto sono quattro casi studio su quattro diversi siti archeologici svedesi: per ognuno dei siti ho sviluppato uno studio specifico sugli oggetti, in modo da dimostrare le potenzialità e la funzionalità di questa metodologia, soprattutto se connessa con altri specialisti.

In uno di questi siti hai trovato oggetti realizzati anche da bambini?

Esattamente. Tra i miei quattro casi studio c’era il sito archeologico di Pryssgården, uno dei siti svedesi più conosciuti per l’età del Bronzo che si trova vicino la città di Norrköping. Tra i 7100 oggetti indagati ho individuato alcune impronte digitali e quelle su di un vaso in particolare
sono sicura appartengano a un bambino.

Come fai a essere sicura siano di un bambino?

Bisogna osservare attentamente i particolari. Le impronte digitali sono piccole e molto vicine le une alle altre e si trovano sul lato esterno del vaso in modo ritmico e regolare. Se un adulto ha dita molto piccole possono essere scambiate con quelle di un bambino ma è difficile che si trovino così vicine le une alle altre. Secondo la mia analisi, il bambino in questione non stava giocando ma ha creato quest’oggetto guidato da un ceramista più esperto. Anche i bambini riescono a sviluppare abilità artigiane se diretti nel modo giusto e se hanno a disposizione il giusto materiale. Il vaso è stato realizzato con un materiale grezzo ben preparato e gli è stata data una forma ben definita, probabilmente con la tecnica a battitura. Il nostro bambino doveva avere intorno ai nove anni e doveva aver iniziato a fare il ceramista da quando ne aveva sei perché il vaso è di buona qualità.

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La tecnica a battitura utilizzata dal bambino per realizzare il vaso (Illustrazione per cortesia dell’autrice Katarina Botwid)

Insomma, era veramente bravo! Ma come ha imparato? Quando studiavo all’università Enrico Giannichedda, professore di archeologia della produzione, ripeteva sempre il detto “rubare il mestiere con gli occhi”: si dice così anche in Svezia?

Wow, assolutamente no, in Svezia non esiste questo detto ma sono completamente d’accordo con il suo significato. Che la tecnica si trasmetta da persona a persona più con la ripetizione di un gesto visto da chi è più esperto di noi rispetto alla spiegazione a voce non ci sono dubbi. Io ho ipotizzato per questo bambino quella che chiamo situated learning: prima ha osservato l’artigiano realizzare il suo oggetto, poi ha attratto la sua attenzione e progressivamente ha iniziato a realizzare anch’egli gli oggetti, un passo alla volta. Dobbiamo pensare non a compartimenti stagni, ma cercare di immaginare la vita nell’età del Bronzo, le persone frequentavano gli stessi spazi ed era assolutamente naturale si verificassero dinamiche del genere. In fondo poi oggi non è che sia così diverso!

Una ricostruzione di un contesto con la “situated learning” in azione: l’artigiano esperto prepara il materiale lavorato per il bambino (Illustrazione per cortesia dell’autrice Katarina Botwid)

 

Ritieni che essere un bravo ceramista per questo bambino fosse solo un fatto di abilità o anche di creatività?

L’abilità non è solo manuale, conta tantissimo anche il proprio carattere, così come conta il contesto in cui la sviluppi, che influisce tantissimo su quello che poi andrai a realizzare. Però penso che dobbiamo riflettere sul fatto che noi oggi abbiamo determinate categorie mentali: il bambino creativo, l’adolescente pigro ecc… A me piace pensare a questo bambino artigiano come un adulto… più corto! I bambini imparano velocemente e anche meglio degli adulti. Quanto alla creatività credo che anche noi dobbiamo cercare di uscire dai luoghi comuni e sviluppare una “fantasia qualificata” per essere bravi archeologi.

Katarina, grazie mille per averci dedicato il tuo tempo e averci raccontato questa bellissima ricerca.

Grazie a voi e in bocca al lupo per le vostre attività con i bambini! Thank you for your happy archaeology!!

Comments (2)

  1. Mi è stato detto che non era raro per i bambini creare vasi nell’età del bronzo, perché se ci pensiamo è una cosa che può essere imparata sin in tenera età ed è più adatta di altre attività più faticose svolte dagli adulti.
    Nella sessione sulla Preistoria del Museum of London il lavoro artigianale svolto dai bambini è uno degli elementi che riesce ad interessare molto i bambini delle classi.
    Tramite l’osservazione di un pezzo di vaso decorato riescono a capire che le tracce lasciate sono molto probabilmente di bambini come loro piuttosto che di adulti. Da lì possono trarre altre deduzioni. Il paragone più ovvio è che i bambini di quell’epoca non avevano scuole e imparavano creando oggetti utili a tutta la famiglia.
    Buoni spunti per creare interessanti discussioni, no? 😉

    • Francesco Ripanti

      Anche in questo caso gli spunti per interessanti discussioni non mancano! Come scrivi anche tu, ai bambini piace tantissimo svolgere lavori manuali, oggi come nell’età del bronzo.

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