Ognuno a fine estate attende con ansia qualcosa: un po’ di fresco perché dopo il caldo estivo ci vuole, la domenica dopo una settimana di scuola o di lavoro, l’arrivo delle vacanze di Natale, le prime castagne cotte sul fuoco, le serate al cinema quando piove, il calduccio del piumone.
Ecco, noi di ArcheoKids, a partire da agosto aspettavamo con trepidazione solo una cosa: di avere tra le mani il nuovo volume della collana “Bambini nell’antichità” curata dalla casa editrice Lapis in collaborazione con il British Museum di Londra.
E quel momento è finalmente arrivato e l’attesa, manco a dirlo, ha soddisfatto appieno le nostre aspettative.
Dopo Vita dei bambini nell’antico Egitto, di cui vi avevamo parlato qui, arriva ore nelle librerie Vita dei bambini nell’antica Grecia. Usi, costumi e stranezze ai piedi dell’Olimpo scritto da Chae Strathie e illustrato da Marisa Morea. Un libro che è un concentrato di buonumore e ironia già a partire dal quel giallo canarino della copertina che illumina i nostri occhi.
Il leitmotiv è sempre lo stesso: mettere a confronto l’infanzia di oggi con la vita dei bambini nel passato, in questo caso con quella nell’antica Grecia. E anche questa volta, come nel precedente libro, vengono scelti dei temi cardine – la scuola, l’abbigliamento, il cibo, la religione, i giochi e così via –, a ciascuno dei quali è dedicata una sezione specifica contrassegnata da un colore, per illustrare differenze (moltissime) e analogie (poche ma sostanziali) tra ieri e oggi. Il tutto viene raccontato con uno stile dissacrante e sferzante, ironico e ammaliatore che a chi legge strappa un sorriso ma al contempo aziona il meccanismo della riflessione, quello che a fine lettura spinge un bambino ad ammettere: “Certo però che sono proprio fortunato, fossi nato nel V secolo a.C. mi sarebbe toccato vivere in una casa senza finestre, dormire su un giaciglio fatto di foglie, bere latte cagliato a colazione e per giunta andare in giro senza mutande!”.
Nascere nell’antica Grecia era un terno al lotto: c’erano Stati in cui i bambini indesiderati venivano abbandonati o lasciati morire, soprattutto se femmine, e quei pochi che venivano accolti in famiglia dovevano lottare per la sopravvivenza e resistere ad ogni tipo di malattia. Tanto che se arrivavano ai tre anni, i loro padri facevano un sacrifico a Zeus o ad Atena per ringraziarli della clemenza dimostrata nei confronti del proprio figlio/a.
I bambini nati in famiglie ricche erano di certo più fortunati dei loro coetanei poveri; non erano costretti a lavorare sin da piccoli perché al loro servizio c’erano schiavi addetti ad ogni faccenda domestica, a sette anni iniziavano a frequentare la scuola assistiti da un pedagogo, una specie di maestro privato, e in casa avevano una stanza con una vasca in terracotta dove ogni sera si lavavano prima di andare a letto. A tutti gli altri spettava vivere in case fatte di mattoni di fango, lavarsi in un catino e seguire il padre in bottega per apprendere un mestiere sin dalla tenera età. Ancor più grama era la vita delle bambine che non solo non potevano frequentare la scuola, ma dovevano imparare già da piccole a gestire una casa perché assai spesso, a soli 13 anni, venivano date in sposa a uomini più grandi che non avevano mai neanche visto prima.
Quello della disparità educativa tra maschi e femmine, oltre che tra ricchi e poveri, è uno dei temi nodali della storia sociale antica; il tono lieve con cui viene affrontato nelle prime pagine di questo libro, in linea con lo stile disimpegnato che caratterizza tutta l’opera, non sminuisce la drammaticità sia pure ovattata di quanto detto. Per un bambino di oggi abituato a studiare la storia raccontata dal punto di vista degli adulti, leggere che un bambino greco poteva andare a scuola e sua sorella no, è quantomeno destabilizzante, sicuramente è un dato che registrerà nella sua mente pur mescolato ad una quantità di stranezze e curiosità che lo lasceranno letteralmente a bocca aperta.
Pagina dopo pagina scopriranno ad esempio che i bambini greci amavano tenere in gabbia le cicale perché adoravano il loro canto, scrivevano su tavolette cerate con una penna in osso o metallo chiamata stilo, praticavano tutte le discipline sportive più pesanti in grado di temprare fisico e mente, mangiavano carne di pellicano, spesso venivano curati con le sanguisughe ed erano abituati ad ascoltare incredibile storie, miti e leggende che venivano tramandati oralmente di generazione in generazione.
La maggior parte delle informazioni riportate sono suffragate dal lavoro di storici e di archeologi e ai lettori più attenti non sfuggiranno di certo alcuni rimandi nelle tavole illustrate alle fonti materiali antiche: vedete quello strano oggetto a metà tra un seggiolone per la pappa e un vasino in cui è seduto un neonato nella tavola a pagina 16? Guardatelo bene e poi osservate quest’oggetto del VI secolo avanti Cristo conservato nel Museo dell’Agorà di Atene.
Il riferimento all’antico è esplicito.
Così come molti dei giocattoli con cui – si racconta – passavano il loro tempo libero i bambini greci, dalle bambole alle trottole agli ossicini di capra, sono stati realmente ritrovati tra gli oggetti del corredo funerario nelle sepolture.
E dai testi antichi che ci sono pervenuti sappiamo per certo che davvero Sparta era tra tutte le città greche quella in cui le ragazze venivano trattate più equamente che altrove, sicché a loro era consentito andare a scuola, cimentarsi nella lotta e nella corsa dei cavalli e indossare tuniche ben più corte di quelle delle altre coetanee greche.
Una precisazione è d’obbligo a questo punto: un albo illustrato come questo non ha e non può avere la pretesa di sostituirsi ad un libro o ad una lezione di storia, semmai può servire a stuzzicare la curiosità, a conoscere dettagli bizzarri che in un sussidiario spesso non si trovano, può aiutare a far sedimentare quanto studiato, può restituire un punto di vista insolito su eventi, costumi, tradizioni e stili di vita tale da creare parallelismi e confronti tra il mondo di ieri e quello di oggi.
Può soprattutto non solo allenare la mente dei bambini ad acquisire famigliarità con i libri e dunque con le storie, ma anche educarli ai linguaggi artistici e visivi a partire dalle immagini dei libri.
Le illustrazioni di Marisa Morea si confermano, anche in questo caso, perfettamente in armonia con il testo, perennemente in bilico tra uno stile un po’ naïf e una vena comica che pervade ogni scena.
I bambini e le bambine che occhieggiano da ogni pagina sembrano voler implorare la piena solidarietà dei loro coetanei moderni o strizzare l’occhio quando quello che si dice non corrisponde esattamente al vero.
Siamo sicuri, tuttavia, che ad apprezzare questo libro saranno non solo i bambini ma anche gli adulti. Questo come il precedente Vita dei bambini nell’antico Egitto è un albo che ben si presta a strutturare progetti scolastici, che abbraccino diverse discipline, dalla storia alla geografia alle scienze alla musica, sull’infanzia nel mondo antico e sulle differenze tra l’educazione dei bambini di ieri e quella di oggi e che trovino il luogo deputato alla ricerca e al confronto nel museo, quale contenitore di oggetti di mondi scomparsi ma pur vivi nella memoria collettiva.
Un libro è sempre l’inizio di un viaggio e se si viaggia attraverso i secoli nella Storia, quello che alla fine si può scoprire è davvero meraviglioso. Bambini di oggi che partono alla scoperta dei bambini di ieri.
Vita dei bambini
nell'antica Grecia
Usi, costumi e stranezze ai piedi dell'Olimpo
I bambini scopriranno, divertendosi, tutte le differenze e le analogie con i loro coetanei dell'Antica Grecia: vestiti, tagli di capelli, alimentazione e materie da studiare a scuola. Grazie a testi e illustrazioni ricchi di humor, annoiarsi sarà impossibile. La tua casa non ti sembra abbastanza grande e moderna... beh, consolati! Pensa che gli antichi Greci non avevano neppure i vetri alle finestre, e nessuno - ricchi inclusi! - aveva il bagno. Se ti sembra dura raccogliere da terra i tuoi calzini puzzolenti, se non ami ascoltare le barzellette orrende di tuo padre, se non sopporti d'essere trascinato al centro commerciale, scoprirai che i tuoi coetanei dell'Antica Grecia non se la passavano meglio. Età di lettura: da 7 anni.
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Mi chiamo Giovanna e vivo in Puglia. Ho sempre avuto le idee molto chiare: a 8 anni sapevo già che avrei fatto l’archeologa. Per anni mi sono divisa tra gli scavi e montagne di mattoni, tegole e coppi. Chissà, forse sono fatta un po’ di argilla…
Poi, ho capito che dovevo raccontare l’archeologia ai bambini e dare un senso, una prospettiva al mio lavoro. E allora ho scoperto una cosa fondamentale: le storie sono l’unica cosa che ci lega al passato e al futuro e che nessuno potrà mai portarci via.
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