I post del lunedìOggetti del passato

Le insegne imperiali di Massenzio, ovvero quando la Storia la puoi toccare davvero.

Si sarà già capito da altri miei post che gli oggetti che arrivano dal passato mi piacciono molto. Altrimenti non farei questo lavoro.

Molte persone mi chiedono che effetto mi fa tenere in mano una lucerna, un’anfora o una moneta di 2.000 anni fa. Diciamo che come in tutte le professioni, anche in questa ci si abitua un po’ e a volte non facciamo più tanto caso a quello che abbiamo tra le mani.

Gli oggetti del passato non hanno per me un’aura sacrale. Sono importanti certo! A volte delicati, fragili, preziosi e spesso anche belli da vedere, richiedono cura e grande attenzione
nell’essere maneggiati, ma mi piace pensare che siano soprattutto degli anelli del tempo che mi riconnettono a un uomo o una donna che qualche migliaio di anni fa li ha toccati proprio come me adesso. Mi piace usarli durante gli esami universitari per rendere concreti tutti quei paroloni metodologici che vengono fuori dagli studenti più secchioni o per aiutare a sciogliere la lingua di quelli più impacciati e timidi.

Mi piace soprattutto usarli con i bambini, perché per loro sì che è importante toccare e
visualizzare.

Insomma, qualcuno mi potrebbe accusare di un eccessivo distacco, di un approccio troppo freddo…

… perché non eravate con me quando sono andata a vedere le insegne imperiali di Massenzio!

Quella volta ho rischiato di compromettere la mia compostezza emotiva.

Mai e poi mai avrei pensato che quegli oggetti mi avrebbero emozionato così tanto che a distanza di diversi anni ormai, conservo intatto e fresco il ricordo di quello stupore.

Qualcosa di grande, di unico e di tanto vero da farmi battere forte il cuore.

Toccare la Storia, proprio quella dei libri, c’è qualcosa di più magico?

Dare un nome a quella persona che ha toccato l’oggetto che sto tenendo tra le mani e dargli il nome di un imperatore.

Un imperatore a cui è legato un momento tanto importante della nostra storia.

La scoperta delle insegne imperiali di Massenzio è avvenuta nel 2005 alle pendici nordorientali del Palatino, proprio vicino al Colosseo.

Gli archeologi dell’Università La Sapienza di Roma stavano scavando già da molto tempo in questa parte della città e ricordo bene di avere sentito proprio dalle parole della direttrice dello scavo, la prof.ssa Clementina Panella, il racconto di questa scoperta davvero incredibile.

Al lavoro in un ambiente seminterrato, che aveva fatto parte della grande Domus Aurea di Nerone, gli archeologi stanno svuotando una fossa scavata in un pavimento di terra battuta, quando capiscono di essere davanti a qualcosa di eccezionale: sotto i loro occhi infatti, uno dopo l’altro, appaiono undici oggetti da brivido: quattro porta stendardi, tre lance, uno scettro e tre sfere.

Le insegne imperiali così come si sono presentate davanti agli occhi degli archeologi durante lo scavo.

La mente di tutti vola alle immagini degli imperatori che tengono in mano i simboli del loro potere nelle cerimonie ufficiali: scettri, lance, globi, quelle che si chiamano le “insegne imperiali”.

E questi oggetti lo sono, senza alcun dubbio!

Le uniche parti che non abbiamo sono le aste di legno che venivano montate al momento dell’utilizzo, ma il resto…. che meraviglia!

Le punte a sei lame appartenevano a lance da parata perché sono realizzate con un metallo troppo tenero per essere delle armi.

Una delle tre punte delle lance da parata; erano racchiuse in astucci di legno di pioppo di cui sono stati riconosciute tracce durante lo scavo

 

Le punte dei porta stendardi hanno dei ganci a cui erano appesi i drappi di seta e lino di cui sono
rimaste alcune parti colorate.

Una delle punte dei porta stendardo, anch’esse seppellite dentro astucci di legno.

Lo scettro piccolo è l’oggetto più raro nel senso che è quello meno rappresentato nelle immagini
dell’imperatore: ha un manico in oricalco, una lega simile all’ottone, su cui è montata una sfera di vetro verde scuro racchiusa da una corolla di petali… una meraviglia!

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Sopra lo scettro piccolo, sotto un particolare dei petali che racchiudevano il globo di vetro verde.
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I globi di vetro dorato erano probabilmente montati alle due estremità di un manico di legno
lavorato.

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Le due sfere di vetro dorato, probabilmente parte di un unico scettro.

Più o meno come in questa immagine dell’apoteosi di Antonino e Faustina dove a impugnarlo è anche l’imperatrice.

La base della colonna di Antonino Pio con la scena dell’apoteosi dell’imperatore.

Il globo di calcedonio (quarzo azzurrognolo proveniente dall’India) poteva essere montato su un’asta conica e al di sopra della sfera poteva avere un’aquila d’oro, simbolo del potere imperiale.

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La sfera di calcedonio con cui terminava uno degli scettri utilizzato dall’imperatore nelle cerimonie civili.

L’appartenenza a un imperatore è certa perché non si tratta di un unico oggetto, ma di un vero e proprio “corredo”.

Ricostruzione delle insegne imperiali di Massenzio

Qualcuno ha nascosto le insegne nella fossa perché non fossero trovate, una pratica comune quando, in una situazione di pericolo, non si voleva che i segni del potere cadessero in mani nemiche.

Quando può essere accaduto tutto questo? Di chi sono queste insegne? Come si fa a capirlo e ad esserne sicuri?

Qui è la semplice terra che ci viene in aiuto. Quella che copriva la fossa conteneva reperti che si
possono datare all’inizio del IV secolo e quindi lo scavo della fossa deve risalire ad un momento da collocarsi tra la fine del III secolo e i primi anni del IV.

In quale occasione, in questo momento storico, può essere stato necessario nascondere le insegne di un imperatore?

Qui brividi veri per storici e archeologi!

Quale altro fatto drammatico a cui poterle collegare se non la disfatta di Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio del 312?

Lo vedo.

E’ uno degli uomini di fiducia di Massenzio e cammina veloce, avvolto in un mantello: porta una sacca di cuoio ed è  accompagnato da alcuni soldati.

Nella fresca sera di Ottobre, Roma risuona ancora dei rumori della battaglia, ma oramai le sue sorti sono decise.

L’imperatore è morto nelle acque del Tevere e i segni del suo potere non devono cadere nelle mani di Costantino: sarebbe un disonore troppo grande.

Appena la notizia è giunta al palazzo, ha preso perciò le lance da parata, gli scettri e gli stendardi, li ha toccati per l’ultima volta con il rispetto che si deve all’uomo che tenendoli tra le mani ha regnato su Roma. Ha avvolto con cura le sete degli stendardi intorno alle aste, ha riposto tutti gli oggetti negli astucci intagliati nel legno di pioppo e ha sfiorato per l’ultima volta i globi freddi di vetro e calcedonio.

E poi via, fuori dal palazzo, prima che sia troppo tardi.

Ma non troppo lontano, che non c’è tempo.

Si scava in fretta una fossa, mentre in lontananza ancora si combatte e vi si mettono dentro gli oggetti protetti dalle loro custodie.

Forse si potranno un giorno recuperare.

E invece no. Chissà quale è stata la fine di quelle ultime mani che hanno voluto proteggere le insegne imperiali di Massenzio. Probabilmente quell’uomo avrà pagato a caro prezzo la fedeltà al suo imperatore.

Nessuno è mai andato a riprenderle.

Gli uomini di Costantino avranno cercato e cercato le insegne di Massenzio, ma niente, il nuovo
imperatore non ha avuto la soddisfazione di poterle sfoggiare come segno della sua vittoria.

Hanno dormito al sicuro per quasi 1.700 anni… fino a quel giorno in cui gli archeologi le hanno ritrovate.

Sono le uniche al mondo che conosciamo.

Le avevamo viste rappresentate sulle monete, sulle gemme, sui bassorilievi, ma nessuno ne aveva mai toccata una.

La terminazione del piccolo scettro tra le mani di un restauratore

Guardandole esposte dopo il restauro nelle teche del Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo ho pensato che questi oggetti dalle mani di Massenzio sono arrivati oggi nelle mani di ognuno di noi grazie a quell’uomo fedele.

Mi sono sentita piccola e grande nello stesso momento e forse solo allora ho capito che c’è qualcosa  di sacro nel nostro lavoro e sta nello straordinario potere di un oggetto del passato di stabilire un contatto tra un uomo che ha governato un impero e un uomo che di lui può non sapere niente, un bambino che si lascia rapire da una storia, uno studioso che cerca un modo perché tutto questo diventi Storia di tutti.

Elisabetta

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