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I bambini nell’antica Grecia. Parte seconda

Continuiamo il nostro viaggio nell’antica Grecia in compagnia di Flavia Frisone, docente di storia greca all’Università del Salento, per conoscere più da vicino il modo di vivere dei bambini nel mondo greco antico.

Quali erano i giochi e giocattoli più diffusi? A che età si iniziava a frequentare la scuola? E quali le principali materie di studio che gli scolari dell’epoca dovevano studiare? Scopritelo leggendo la seconda parte del bel racconto storico. Ancora una volta, al di là delle differenze che pure sussistono (ieri come oggi) tra i giochi e l’educazione dei fanciulli e delle fanciulle, emerge il fatto che c’è un solo modo di essere bambini, uguale in tutte le epoche: scoprire il mondo, passo dopo passo, con grande entusiasmo e curiosità.

Quali erano i principali giochi e giocattoli dei bambini? Vi erano delle differenze tra i giochi e giocattoli di bambini di famiglie ricche e quelli di figli di famiglie meno agiate?

I giochi dei bambini hanno una straordinaria bellezza: sono qualcosa che sembra restare fuori dal tempo e si somiglia straordinariamente a distanza di millenni. Soprattutto i giochi che si fanno all’aperto come rimbalzello, rincorrersi e acchiapparsi o cavalcare un bastone sono cose che i bambini fanno da tempo immemorabile praticamente nella stessa maniera. Le facevano anche al tempo dell’antica Grecia, quando bambini e bambine costruivano e facevano volare aquiloni, si dondolavano sull’altalena, saltavano alla corda, giocavano al tiro alla fune o con biglie e birilli, proprio come abbiamo fatto noi da piccoli. Invece che al lancio delle figurine giocavano a quello delle noci, oppure degli “astragali”, ossicini ricavati dalle zampe di pecore e capre, che si usavano come una sorta di dadi.

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Questa scultura in terracotta, proveniente da Capua e datata al 340-330 avanti Cristo, raffigura due ragazze accovacciate che giocano con gli astragali. Si trattava degli ossicini dei piedi di animali come la capra, la pecora, il vitello o il cane. Il gioco consisteva nel lanciarli in aria e nel cercare di afferrarne il maggior numero possibile con le mani.

E poi c’erano giochi e gare di abilità con il cerchio o la trottola, che veniva utilizzata come facevano i nostri nonni, cioè lanciata e fatta girare colpendola con una cordicella. Il gioco della palla lo troviamo perfino nell’Odissea: purtroppo non possiamo avere oggi le palle, perché erano fatte di cuoio o di stoffa. È un peccato che molti dei giocattoli che esistevano nei tempi antichi non possano essersi conservati, perché erano fatti di materiale deperibile come il legno, il cuoio, i gusci di frutta, gli stracci e materiali che non resistono al tempo.

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Statuetta in terracotta che raffigura una ragazza che gioca con la palla. Magna Grecia, III secolo a.C.

Spesso i bambini erano bravi a fabbricarseli da sé, e non importava che fossero ricchi o poveri. Ma, certo, i bambini ricchi ne potevano ricevere anche di bellissimi e preziosi, come quelli che ogni tanto vediamo descritti da autori antichi, e fatti fare apposta da artigiani esperti. Alcuni di questi li abbiamo scoperti, spesso nelle tombe dei bambini a cui erano appartenuti. Soprattutto le bambole, che potevano essere fatte anche di materiali pregiati come l’avorio, e talvolta avevano le braccia e le gambe snodabili, come vere e proprie antichissime Barbie. Che, come quelle di oggi, le bambine si divertivano a vestire e a curare. Alcuni giocattoli riproducevano gli oggetti degli adulti e insegnavano in qualche modo ai bambini e alle bambine quei ruoli che avrebbero avuto da grandi: le bimbe imparavano la cura domestica usando le bambole ma anche vasetti e oggetti miniaturistici, i bambini con spade, archi, cavallucci si improvvisavano soldati. Potevano avere addirittura dei piccoli carri, che come quelli veri potevano essere trainati da
animali domestici.

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Bambola in terracotta proveniente dall’antica regione greca della Beozia, V secolo a.C.

La maggior parte dei bambini greci viveva a stretto contatto con la campagna, almeno fino all’età ellenistica: le case avevano tutte dei grandi cortili e, anche stando in città, non era difficile poter giocare all’aria aperta. Molti bambini possedevano piccoli animali come cani, uccellini, conigli per giocare con loro ma anche insetti come grilli, cicale venivano catturati e tenuti dentro scatole e gabbiette come fossero giocattoli.

I bambini ricevevano in regalo giocattoli in diverse occasioni: alla loro nascita o alle feste per la scelta del nome e la presentazione ufficiale; oppure potevano averli come premio, ricompensa o consolazione in occasioni particolari. C’erano anche delle feste in cui si facevano dei regali speciali ai bambini: per esempio il primo giorno delle Antesterie, feste di fine inverno che duravano tre giorni, tutti i bimbi sopra i tre anni ricevevano il loro boccaletto per partecipare ai festeggiamenti.

Erano in genere oggetti o giocattoli di poco prezzo, che si compravano nelle piazze del mercato o alle fiere. Gli altri tipi di divertimenti dei bambini greci erano anche questi molto semplici: andare ad ammirare coi compagni un evento speciale che avveniva in città, o fermarsi a guardare un teatrino di marionette di quelli giravano nei quartieri e nei villaggi. E infine a casa, la sera, attorno al fuoco, era bello per loro ascoltare le favole raccontate dalle madri o dalle balie: parlavano delle avventure di dei, eroi ed eroine, ma anche di uomini furbi e simpatici, sciocchi creduloni, animali parlanti. E ad alcuni piacevano anche quelle che facevano paura, e che parlavano di mostri e demoni, come la Mormò, che era una sorta di vampiro mangia-bambini.

A che età si cominciava a frequentare la scuola? Ci andavano tutti o solo chi poteva permetterselo? E quali erano le principali materie di studio?

L’educazione di bambini e ragazzi, come abbiamo visto, era organizzata diversamente di città in città ma era dappertutto considerata una cosa molto importante. Solo che questo non voleva dire che fosse aperta a tutti ma solo a coloro che un giorno sarebbero divenuti cittadini. Inoltre di solito i costi per educare i figli ricadevano tutti sulle famiglie mentre lo stato, solo in alcuni casi, si occupava della formazione degli orfani di guerra.

I casi che conosciamo meglio sono, come al solito, Atene e Sparta, e si tratta di due sistemi molto diversi. Ad Atene l’educazione cominciava a sei anni e si chiamava paideia. Fin dai tempi del legislatore Solone era un obbligo per i genitori occuparsi dell’educazione dei figli ma non tutti potevano permettersi di mandarli a scuola, e quindi facevano loro imparare un mestiere.

“A scuola” si fa per dire, perché non c’erano veri e propri edifici scolastici: le lezioni si tenevano a casa dei maestri o per strada, sotto i portici. Si cominciava al mattino presto e si proseguiva finché c’era luce, con alcune pause. Le lezioni erano pagate dalle famiglie, a fine mese, direttamente al maestro.

 

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Questa scena, dipinta su una coppa a figure rosse, rappresenta un maestro che fa lezione a uno studente. Coppa attica di Douris. Berlino, Antikensammlung

L’istruzione comprendeva la lettura e scrittura (grammatiké) e un po’ di aritmetica, quanto bastava per saper contare ed eseguire normali operazioni. Si scriveva su tavolette spalmate di cera, incidendovi su con uno stilo di metallo, osso o di avorio, per i più ricchi. Si leggevano anche le opere dei poeti, in particolare di Omero, e si imparavano a memoria: Platone racconta che quando era bambino era normale che si conoscesse a memoria gran parte dell’Iliade o dell’Odissea. Non c’era però un programma prestabilito e la scelta dipendeva dal maestro.

Si studiava poi la mousiké, cioè la musica, che comprendeva sia il canto sia la pratica di uno strumento, soprattutto quelli a corde (diversi tipi di arpe): a questa disciplina veniva attribuito un alto valore educativo e si associava anche alla danza, che aveva scopi soprattutto religiosi e militari. L’educazione fisica aveva poi un ruolo fondamentale e si svolgeva sotto la guida di speciali istruttori e in luoghi attrezzati, la palestra e il ginnasio, che diventarono più tardi il simbolo stesso dell’educazione dei Greci.

A Sparta, invece, l’educazione dei ragazzi aveva un altro nome (si chiamava agogè) e un’organizzazione molto diversa. Intanto era pubblica perché, a partire dai sette anni e fino al raggiungimento della maggiore età del ragazzo, di essa si occupava lo stato; poi era uguale per tutti e i contenuti erano stabiliti dalla legge fondamentale della città. Addirittura l’educazione dei giovani spartani era sotto la responsabilità di un funzionario scelto fra gli uomini di maggior prestigio, che veniva chiamato paidonomos. Questo avveniva perché Sparta attribuiva uno speciale valore all’educazione e all’addestramento di quelli che sarebbero diventati i suoi cittadini-guerrieri, che dovevano imparare a sopportare sacrifici, ad agire nel modo giusto in condizioni di grande difficoltà e soprattutto a obbedire. Perciò i ragazzini venivano divisi in “squadre” della stessa età che vivevano insieme per la maggior parte del tempo, sotto la sorveglianza di un adulto. Era un addestramento molto duro: ricevevano poco cibo, avevano un unico abito da usare sia col caldo che col freddo, andavano a piedi scalzi e se sbagliavano ricevevano punizioni severissime. Dovevano imparare a resistere al dolore, ad arrangiarsi, perfino a rubare, se necessario, ma senza farsi scoprire. In questo tipo di educazione, leggere e scrivere avevano minore importanza, e i ragazzi spartani ne studiavano appena quanto necessario, mentre era considerato importante che sapessero esprimersi efficacemente e con poche parole.

Erano invece ritenuti fondamentali la musica, i cori e le danze. La musica accompagnava le esercitazioni militari e la danza aiutava i giovani a coordinare i movimenti. I cori, che erano formati per età, cantavano composizioni che insegnavano la virtù militare e i valori di Sparta. E poi c’era il peana, il tradizionale canto di guerra degli Spartani che faceva atterrire i nemici che lo sentivano in battaglia. Naturalmente anche in questo sistema educativo era importantissimo l’allenamento fisico e ad esso si dedicava moltissimo tempo, praticando diverse discipline sportive.

Come si vede, l’idea di educazione di queste due città greche era molto diversa, e le differenze erano ancora maggiori per quanto riguarda l’educazione delle bambine e delle ragazze, come abbiamo visto prima.

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“Scuola di Atene”, dipinto di Raffaello Sanzio, Roma – Palazzi Apostolici (1509-1511). L’affresco rappresenta un’ideale scuola greca in cui filosofi e matematici sono impegnati a discutere tra loro. Al centro Platone e Aristotele.

Col tempo però il modello più adottato divenne quello ateniese. Naturalmente questa era solo l’istruzione “elementare”, come diremmo noi. Chi voleva continuare a studiare e poteva permetterselo, poteva farlo scegliendo anche le scuole di famosi maestri e grandi filosofi, come Isocrate, Platone e Aristotele.

Giovanna

 

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