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Elementare, Watson!

Ormai abbiamo imparato cosa si fa in uno scavo archeologico: si individuano gli strati nella terra, ognuno corrispondente ad un’azione, e si scavano uno alla volta, dal più recente al più antico, cercando di ricostruire la storia di un evento o di una costruzione.Quello che non si è detto, ragazzi, è che nella terra gli archeologi non troveranno mai un libretto delle istruzioni sul quale sono segnalati, momento per momento, i fatti che sono successi in quel fazzoletto di campo.
Purtroppo non mi è mai capitato, tra un colpo di cazzuola e una spennellata, di trovare un biglietto con scritto: “Complimentoni Nina, che archeologa sopraffina, hai scoperto il crollo di una villa romana, dove vivevano Tizio, Caio e Sempronio, personaggi illustri che passavano ore nelle terme, che troverai se scavi un po’ più in là sulla destra!”
Ma non succederà neanche di rinvenire, attaccato ad un oggetto, un cartellino con scritto: “Brava Nina, che scavatrice provetta, questa volta hai trovato una brocca che fa parte di un intero set per il simposio, tranquilla se scavi bene troverai anche gli atri pezzi!”
Se fosse davvero così il lavoro dell’archeologo sarebbe proprio una passeggiata, non credete? Però sarebbe un po’ come scoprire la trama di un libro su Wikipedia prima ancora di leggerlo: facile, ma per niente divertente. E allora come fa l’archeologo a capire cosa è quell’oggetto che ha trovato nella terra, visto che non ha niente o nessuno che gli suggerisce la risposta? Voi ragazzi cosa fareste?

Dal momento che, come abbiamo capito, non posso avere immediatamente delle risposte certe e assolute non posso far altro che elaborare delle ipotesi, cioè delle idee verosimili che sono il risultato di un ragionamento basato soprattutto sull’osservazione.

Farsi delle corrette domande, quando si ha in mano un oggetto, permette di avvicinarsi alla giusta interpretazione. Più domande riesco a pormi, più sforzo dovrò fare per darmi delle risposte, ma più facilmente arriverò alla soluzione del “caso”.
Mi spiego. Mettiamo di avere in mano un frammento di un oggetto X, la prima cosa che mi assicuro di accertare è il materiale con cui è fatto. Se, ad esempio, è di vetro è chiaro che difficilmente potrà  essere un’arma (certo, tranne nel caso dell’ossidiana, ma questa è un’altra storia). Dopo di che mi interrogherò sulla sua forma, se il pezzo è completamente piatto e liscio sarà giusto pensare che non poteva servire per contenere dei liquidi. Ma potrebbe essere per l’appunto un piatto?
No, perché la risposta alla domanda successiva, cioè quanto è grande questo oggetto, mi fa capire che è troppo grande per essere un oggetto da mettere a tavola. E allora, sulla base di queste
osservazioni, potrei dire che quello che ho trovato è un frammento di una finestra? Beh, perché
no, visto che è di vetro, è piatto e grande.

Se poi tutte queste domande non mi hanno portato ad una possibile soluzione, potrò  aiutarmi con dei confronti, cioè dei paragoni tra l’oggetto in questione e altri simili, magari integri o inseriti in un contesto più chiaro.

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Raphaël De Filippo, “L’Archeologia a piccoli passi”, Firenze, Giunti, 2010, p. 29.

Per esempio: ho in mano una figurina dei calciatori strappata, il frammento mostra solo un pezzo di spalla dello sportivo e il campo da gioco dietro di lui. Come faccio a capire quale giocatore è rappresentato nella figurina? Osservando il colore della maglia posso chiedermi quale sarà la squadra per la quale gioca. Giusto, così restringo il cerchio. Interrogandomi sulla tipologia di maglia potrò capire se si tratta del portiere oppure no. Ma non mi basta, voglio sapere precisamente chi è questo calciatore misterioso. E come si fa? O chiedo ad un amico, massimo conoscitore della materia, di aiutarmi, visto che a colpo d’occhio capisce se quel calciatore è proprio Pinco Pallino perché solo nella sua foto la maglia ha una piega fatta in un certo modo, oppure mi affido ai confronti. Con tanta pazienza mi metto lì e osservo e raffronto il frammento con altre figurine non strappate per venire, finalmente, a capo dell’enigma…

Bene. Dopo tutta questa bella spiegazione sembra essere cristallino come l’acqua di sorgente che l’archeologo ha, bene o male, sempre in mano le risposte giuste, basta che impari un paio di trucchetti sul saper farsi le domande opportune!
Eh, sarebbe proprio ganzo…la verità vera è che a volte, nonostante le domande, lo studio e la
buona volontà non è proprio possibile trovare un’unica interpretazione.
Vuoi perché l’oggetto è troppo rovinato, vuoi perché il frammento mancante è proprio quello che distingue il manufatto in questione con un altro molto simile, vuoi perché l’oggetto è talmente bizzarro e unico da non riuscire a trovare confronti, in certi momenti non si può far altro che accettare la possibilità di avere più risposte. Tutte ipotesi attendibili ovviamente.
Torniamo all’esempio delle figurine: se né con l’osservazione né con i confronti riusciamo a venirne fuori, potremmo sempre dire che quel frammento potrebbe essere un adesivo di un album di figurine da collezione, un francobollo o uno sticker da attaccare alla macchina.
Sono affermazioni sbagliate? No. Sono interpretazioni plausibili? Sì.

Qui sotto ci sono alcune fotografie di reperti trovati nello scavo di Vignale (LI), sono tutti oggetti realizzati in osso e tutti hanno una forma sottile e allungata. Purtroppo sono stati trovati rotti e mancanti di alcune parti.
Questo ha reso un po’ complicata l’identificazione degli oggetti e, come nel caso delle figurine, ci dobbiamo far andar bene la possibilità di avere interpretazioni diverse.

Nel primo caso abbiamo due nettaorecchie, degli oggetti utilizzati dai Romani per la pulizia delle orecchie; sì, in poche parole degli antichi cotton fioc, anche se sembra strano che usassero un materiale tanto duro come l’osso invece del soffice cotone!

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Il fatto che siano spezzati, tuttavia, non ci fa capire la loro effettiva lunghezza e per questo motivo non è sbagliato pensare che potrebbero essere, allo stesso tempo, degli aghi crinali, cioè degli spilloni per fermare i capelli intrecciati.
Aghi crinali potrebbero essere anche questi altri, perché di forma e di materiale simile ai precedenti, ma potrebbero essere anche degli stilo, cioè strumenti che venivano usati per scrivere sulle tavolette di cera.

 

In definitiva l’archeologo formula delle ipotesi che solo altre e nuove scoperte potranno confermare o confutare.

Certo alcune volte è proprio difficile capire e correre il rischio di inciampare in deduzioni assurde non è così inverosimile…

 

 

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