I post del lunedì

(Video)giocando è tutta un’altra Storia

Ho una confessione da fare: negli ultimi mesi gioco moltissimo! No, non fraintendetemi, sto lavorando, giuro! È solo che, tra le varie cose, mi sto occupando di videogiochi. Per la precisione di videogiochi a tema storico per i quali, in quanto archeologa, mi sono trovata a curare la parte dei contenuti. Proprio grazie a un videogioco, lo scorso ottobre ho partecipato all’Interactive Past Conference organizzata dalla fondazione VALUE ad Amsterdam ed è stato allora che ho conosciuto Juan Hiriart, game designer e docente della Salford University di Manchester dove insegna proprio a creare e sviluppare videogiochi. Il suo intervento mi ha fatto letteralmente sgranare gli occhi perché ci ha raccontato di come, per il suo progetto di dottorato, stia creando e testando un videogioco per bambini (manco a dirlo, graficamente bellissimo) ambientato nel periodo anglo-sassone.

Insomma, capirete che non potevo farmi sfuggire l’occasione di tempestarlo di domande tanto più che insieme all’altra archeokid Nina stavamo già allora progettando (in collaborazione con Entertainment Game Apps) un videogioco didattico per bambini dedicato agli Etruschi, di cui forse avrete già visto qualche immagine sulla nostra pagina Facebook e che – notizia ufficiale – dovrebbe uscire in tarda primavera…

E quindi, ecco qui l’intervista a Juan!

Per prima cosa, Juan, raccontaci come è nata l’idea di un videogioco per bambini ambientato nel periodo anglo-sassone. Da dove hai iniziato?

Dal momento che lo scopo principale del mio progetto era provare a capire come un gioco digitale potesse essere progettato e poi usato come mezzo per insegnare la Storia, ero molto interessato nel testare il mio prototipo ambientato nel periodo anglo-sassone in un contesto reale come una classe di bambini di scuola elementare. Per farlo, ho innanzitutto cercato scuole che fossero interessate a questo tipo di ricerca ed è stato allora che ho scoperto un fatto particolare: sebbene gli Anglo-Sassoni facciano parte del programma scolastico inglese e vengano trattati in quasi tutte le scuole primarie, questo periodo storico quasi mai riceve la stessa attenzione riservata alle fasi storiche dal 1500 in poi. Questo fa sì che, alla fine delle scuole superiori, molti studenti abbiano una scarsa conoscenza del periodo medievale sebbene proprio quei secoli risultino estremamente affascinante a giudicare dal panorama delle serie TV che hanno più successo (basti pensare a “Vikings” su History Channel o a “The Last Kingdom” della BBC), oppure dai film e dai numerosi videogame ambientati nel medioevo inglese. A ben guardare, però, la maggior parte di questi prodotti non fa altro che riprodurre lo stesso schema dell’eroe-guerriero e riduce il background storico a una serie di battaglie sanguinose. Pertanto, per il mio progetto, mi sono chiesto: è possibile spostare il focus su altri aspetti storici?

Overview del progetto all’Interactive Past Conference di Amsterdam

 

Tu sei un game designer, quindi immagino che avrai collaborato con storici e archeologi per ricostruire un’ambientazione accurata per il tuo videogioco. Puoi dirci come è andata?

Esatto, fin dall’inizio di questo progetto ero ben consapevole che avrei dovuto collaborare con storici, archeologi e insegnanti di Storia. Come designer sono estremamente favorevole a sviluppare un processo creativo partecipativo e sono anche conscio del fatto che come professionista, è mia responsabilità coinvolgere e far amalgamare tutte le diverse sfere del sapere in un progetto complesso come questo. Non è sempre facile riuscirci perché ogni disciplina ha i propri paradigmi e le proprie priorità. Fortunatamente per questo progetto mi sono trovato a collaborare con un gruppo di ricercatori molto aperti, interessati e desiderosi di imparare a loro volta da questo lavoro. Il gioco è stato sviluppato con una serie di test successivi durante i quali ho chiesto a esperti di discipline diverse di provare il videogioco e darmi dei feedback. In alcuni casi le sessioni di gioco si sono trasformate in momenti di discussione super interessanti sugli aspetti storici e archeologici e sulla resa stessa del gioco. L’aspetto più inaspettato che è emerso è stato che l’autenticità – che negli studi sui videogames a tema storico è solitamente un nodo cruciale e imprescindibile – non è risultata così centrale nelle discussioni con gli esperti. Ciò mi ha fatto supporre che rispetto al passato, quando i videogiochi erano stigmatizzati proprio perché ritenuti poco attendibili dal punto di vista storico, il dibattito si sia forse ora concentrato più sul cercare di capire le proprietà intrinseche dei giochi digitali in modo da poterli sfruttare come mezzi utili per la divulgazione di temi storici.

Gli obiettivi della ricerca

 

E invece, quando hai testato il videogioco con i bambini come è andata? Quali sono state le loro reazioni?

L’hanno adorato! Sono sempre molto nervoso quando un mio videogioco viene testato per la prima volta e così è stato anche in quell’occasione. Sapevo bene che i bambini sarebbero stati molto sinceri nel dire se qualcosa non fosse loro piaciuto, quindi sono arrivato preparato ad affrontare eventuali critiche spietate. Per fortuna il primo commento che ho ricevuto è stato: “È molto meglio di Minecraft!”. Non penso che lo sia, ma mi sono sentito subito più rilassato. Uno degli aspetti più apprezzati è stato il realismo nella resa grafica: il fatto che gli elementi rappresentati non fossero fatti a blocchi spigolosi. È stato interessante notare che questo li ha indotti a giudicare subito il progetto come “serio” dal punto di vista storico. Ai bambini è piaciuto molto anche l’aspetto esplorativo del gioco, il fatto che dovessero scoprire da soli tutte le azioni che potevano mettere in pratica per sopravvivere come Anglo-Sassoni. Dal momento che il focus del gioco è la vita quotidiana, dovevano ovviamente capire come coltivare la terra, cuocere il pane e così via… Riuscire a fare anche solo una di queste cose era immediatamente percepito come un risultato importantissimo nonché un elemento di ulteriore motivazione che li spingeva ad andare avanti. Una cosa che invece non è piaciuta ai bambini è stata la mancanza di meccaniche di combattimento. Nel loro immaginario gli Anglo-Sassoni “combattevano un sacco!”, quindi per loro un gioco senza combattimenti non aveva molto senso. Questa idea, ovviamente, non solo fa il pari con il luogo comune dell’eroe-guerriero tipicamente associato a quell’epoca, ma scaturisce anche dal pregiudizio secondo cui in un videogioco i combattimenti non possono mancare. Proprio sulla base di questo preconcetto, molti bambini sono andati spediti a cercare qualcuno da uccidere. Dal momento che, nel gioco, gli unici esseri viventi che potevano sgozzare erano le pecore, ecco che hanno sterminato tutte le pecore che hanno incontrato. In un certo senso è stato molto divertente perché ben presto hanno capito, a loro spese, che si era trattato di una strategia di sopravvivenza a dir poco fallimentare visto che avendo fatto fuori tutto il bestiame, erano rimasti senza cibo per l’inverno. Però questo ha aiutato gli altri bambini a capire immediatamente quanto l’aver sprecato un’importante risorsa fosse stato stupido.

L’ambientazione del videogioco (la capra in questo caso è sopravvissuta!)

 

A questo proposito, quali sono secondo te gli elementi che proprio non possono mancare quando si vuole creare un gioco digitale basato su tematiche storiche?

Due aspetti che devono essere sempre portati avanti di pari passo sono la narrazione di base del gioco e la sua resa grafica. Mi è capitato di imbattermi in molti giochi con ricostruzioni virtuali di siti archeologici, talvolta con impressionanti livelli di realismo, in cui però, in fin dei conti, non c’è molto da fare per il giocatore a parte camminare qua e là. In altri progetti si è fatto lo sforzo di aggiungere un livello di interazione più ludico con l’ambiente di gioco semplicemente “inserendo” il richiamo a un genere di gioco ripreso da un videogame commerciale. Secondo me il game design a tema storico dovrebbe essere considerato un campo aperto per esplorare e sperimentare. Ecco perché è così importante sviluppare dei prototipi (usando una metodologia multidisciplinare) attraverso cui possiamo testare nuove idee e progettare ipotesi.

L’accuratezza delle ricostruzioni

 

Secondo te, Juan, i giochi digitali possono essere considerati strumenti da usare per coinvolgere ed educare i bambini a specifiche tematiche storiche?

Certamente sì. I bambini non imparano solo ciò che viene loro insegnato a scuola, imparano moltissimo anche da una miriade di input che li coinvolgono e che derivano dalla cultura popolare. Un bravo insegnante di Storia sa bene che il suo compito principale è educare i bambini in modo che diventino dei “pensatori critici” capaci di interrogarsi e giudicare la veridicità delle informazioni con cui vengono in contatto. Da questo punto di vista, usare i videogiochi, così come le serie TV, i film e le notizie che ci arrivano da Internet è una chiave cruciale per imparare a “leggere la Storia” soprattutto in un mondo come il nostro saturo di mezzi di informazione. Un aspetto interessante che ho scoperto portando avanti la mia ricerca è che i giochi ben progettati sono strumenti importantissimi per fare in modo che i bambini si interessino a determinati contenuti storici. Questo è un aspetto tanto trascurato quanto tuttavia vitale per l’insegnamento della Storia. La Storia, infatti, non è semplicemente “accaduta” in una sorta di passato indefinito, tutt’altro: ha avuto degli effetti sulle vite reali di persone reali. Pertanto un videogioco ben progettato che permette al giocatore di entrare a far parte di una realtà storica, ha la preziosa capacità di connettere i giocatori con la dimensione umana della Storia.

Esiste un modo, secondo te, per valutare l’efficacia educativa di un videogioco? E, legato a questo, pensi che in futuro i videogiochi potrebbero, non dico rimpiazzare i libri di Storia, ma venire quantomeno integrati nei programmi educativi scolastici tradizionali?

Non vedo i videogiochi a tema storico come rimpiazzi per gli strumenti educativi tradizionali, tuttavia credo che dovrebbero certamente essere inclusi nel programma scolastico. I videogiochi hanno delle qualità intrinseche peculiari che portano il giocatore a sviluppare intuitivamente l’azione da compiere; in questo senso nessun altro mezzo è comparabile. Sono inoltre mezzi capaci di presentare il passato come una serie di mondi interattivi in cui il giocatore può vivere. Inoltre sono sistemi ludici; l’interazione all’interno di questi mondi virtuali è mediata dal gioco. Questo è un aspetto importantissimo perché il gioco è uno dei meccanismi più importanti attraverso cui i bambini danno un senso a ciò che accade loro intorno, sia dal punto di vista materiale che emotivo. Attraverso il gioco, inoltre, è possibile sfatare moltissime idee sbagliate che sia hanno sulla Storia. L’efficacia educativa di un videogioco a tema storico si misura proprio sulla sua capacità di rendere i bambini consapevoli di aspetti che prima non avevano considerato, esponendoli a confutare in prima persona le convinzioni sbagliate o le credenze superficiali. Per arrivare a questo, tuttavia, spesso giocare non è sufficiente. Un aspetto fondamentale per usare un videogioco con intento educativo è quello di aiutare i bambini a riflettere e a trovare un senso nella loro esperienza di gioco. Questo può essere fatto ad esempio tramite una discussione dopo aver giocato o con altre attività riflessive inserite nel gioco stesso.

Il processo di valutazione con i bambini della scuola primaria

 

Si è parlato finora di bambini che imparano, ma cosa hai imparato invece tu da questa esperienza con loro come professionista? Hai potuto migliorare il tuo videogioco sulla base dei loro feedback?

Assolutamente! Le mie idee iniziali sui giochi a tema storico sono cambiate radicalmente col progredire del progetto e con la sua iterazione test dopo test. Ovviamente questo processo sarebbe potuto continuare; ci sono ancora moltissimi aspetti che avrebbero potuto essere sviluppati. Probabilmente una delle lezioni più importanti che ho imparato grazie a questa ricerca è stato che quando i bambini giocano, non abbandonano mai le loro identità personali. Ogni volta che si immergono in una simulazione virtuale, portano con sé le loro esperienze, le paure e il loro personale modo di entrare in contatto col mondo. In alcuni casi le loro identità personali possono entrare in conflitto con la situazione che il videogioco presenta loro e con le azioni che il proprio avatar ha o meno la possibilità di compiere. Queste situazioni, se ben gestite, possono creare l’occasione di momenti educativi di fortissima efficacia.

Per concludere, Juan, ci puoi raccontare se c’è stato qualche aneddoto divertente con i bambini durante il test?

Ci sono stati diversi momenti divertenti durante l’incontro, ma devo dire che il più divertente di tutti è stato quando ho iniziato ad analizzare i dati del test. Ho scoperto, ad esempio, che il periodo anglo-sassone era percepito dai bambini come essenzialmente “noioso”. Questo ovviamente per alcuni di loro era diretta conseguenza del fatto che in quel periodo non ci si poteva intrattenere con l’IPad o il cellulare. Altri bambini poi, riflettendo su cosa facessero gli Anglo-Sassoni dopo aver coltivato i loro campi, sono giunti alla conclusione che l’unica cosa che potessero fare fosse restare seduti aspettando che il raccolto crescesse. Nel loro immaginario storico, insomma, l’epoca anglo-sassone è catalogata come semplicemente, insopportabilmente noiosa!

Grazie mille, per aver rilasciato questa intervista ad Arckeokids! Thank you/Gracias, Juan!

Comment here