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Un girotondo nel sottosuolo di Ravenna

Qualche tempo fa sono tornata a Ravenna, dopo un bel po’ di tempo dall’ultima volta e non ho potuto fare a meno di andare a vedere ancora una volta uno dei miei posti preferiti: la domus dei tappeti di pietra.

Si chiama così perché si tratta di una abitazione antica con pavimenti a mosaico e in marmo che sono così belli da sembrare dei tappeti colorati. I tappeti di pietra – così li chiamò per primo lo storico dell’arte Federico Zeri – sono i pavimenti di un edificio costruito tra il V e il VI secolo d.C.

Quella dei tappeti di pietra certo non è una casa come tutte le altre: le sue 14 stanze (!) e la qualità dei suoi pavimenti fanno pensare che si possa trattare di un piccolo palazzo appartenuto a qualche personaggio molto importante. Il palazzo è in realtà solo un pezzo della storia di questa parte della città che conserva, stratificata nel terreno, una storia molto lunga; per visitarlo si entra all’interno della settecentesca chiesa di S. Eufemia e si scende per circa 3 metri al di sotto del livello della strada.

La chiesa di S. Eufemia (fonte: https://domusdeitappetidipietra.it )
La chiesa di S. Eufemia (fonte: domusdeitappetidipietra.it )

Qui, tra il 1993 e il 1994 la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna ha riportato alla luce un sito archeologico molto importante che è in realtà pluristratificato: il sottosuolo di molte città – quello di città come Ravenna in particolare – è un po’ come una torta con molti strati che si sono formati nel corso del tempo uno sull’altro. Nelle città, a differenza che nelle campagne, lo spazio è limitato e gli uomini costruiscono spesso un edificio là dove prima ce n’era un altro: tutte queste azioni lasciano delle tracce nel terreno e fanno crescere la stratificazione.

L’archeologia urbana si occupa di analizzare le stratificazioni archeologiche (l’insieme degli strati di una torta) all’interno delle città. Scendendo sotto la chiesa di S. Eufemia, si può compiere quindi un viaggio all’indietro nel tempo.

Una vista delle strutture della domus (fonte: domusdeitappetidipietra.it ). Rendere visitabile un sito come questo non è semplice; non basta mettere dei pannelli, installare delle luci e predisporre dei percorsi di visita, serve un progetto che renda la visita sicura, comprensibile e piacevole.

Troveremo prima i resti di un edificio del 1800, poi i resti di un fosso di epoca rinascimentale pieno di ceramica, sotto ancora una casa medievale, i resti di un cimitero, poi il nostro palazzo bizantino con i tappeti di pietra, un tratto di strada antica, poi un po’ più in basso i resti di un altro edificio di età tardoantica, poi ancora i resti di un impianto termale di epoca romana e ancora sotto altre diverse case di una epoca romana più antica che a loro volta si appoggiano a strutture precedenti…. Insomma, in uno spazio non così grande si concentrano le testimonianze di oltre 2000 anni di storia!

E pensare che tutto questo è stato scoperto durante i lavori per la costruzione di un parcheggio nel 1993.

Proprio nelle fasi iniziali dei lavori venne realizzata una palificata per rendere il terreno più stabile: lo sa bene il cosiddetto Buon Pastore! Se osserviamo bene il suo mosaico vediamo che ci sono tre fori rotondi in cui mancano le tessere e che sono stati fatti con la trivella da un livello più alto del terreno, quando il mosaico non si vedeva ancora!

Il pannello con la figura del cosiddetto Buon Pastore (fonte: domusdeitappetidipietra.it ): i tre fori all'altezza del viso sono le tracce della trivellazione per la palificata.

Questo giovane uomo contornato dagli animali è stato chiamato il Buon Pastore, anche se non ha la pecora sulle spalle e l’aureola, come è rappresentato di solito in altri mosaici; gli studiosi pensano però che i due uccelli azzurri vicini alla sua testa possano essere una specie di aureola ideale, anche perché sono realizzati in pasta di vetro e non in tessere di marmo. Il pannello con il cosiddetto Buon Pastore faceva parte dell’edificio di epoca tardoantica, mentre il resto degli ambienti che si possono visitare appartengono al palazzo bizantino.

Uno degli ambienti più grandi di questo edificio (circa 100 metri quadrati) è pavimentato con un mosaico che rappresenta i Geni delle quattro stagioni che ballano in cerchio, proprio come in un girotondo. Si tratta di una rappresentazione particolare delle quattro stagioni, prima di tutto perché in questo caso le stagioni non sono impersonate da figure femminili, come spesso accade, ma da figure maschili, i Geni appunto.

L'ambiente con al centro la scena figurata della danza dei Geni (fonte: domusdeitappetidipietra.it )
I Geni delle stagioni che ballano in cerchio: l’Autunno danza difronte all’Inverno, la Primavera davanti all’Estate (fonte: domusdeitappetidipietra.it )(fonte: domusdeitappetidipietra.it )

Nella figura di spalle si identifica l’Autunno, in quella sul lato sinistro la Primavera, in quello di fronte l’Inverno, mentre è praticamente del tutto perduto il genio dell’Estate.

A ben guardare ogni Genio ha una sua caratteristica: quello della Primavera ha in testa una corona di rose, quello dell’Autunno una corona con foglie rossastre e, forse, grappoli di uva.

Il Genio della Primavera con una corona di foglie e rose
(fonte: domusdeitappetidipietra.it )
Il Genio della Primavera con una corona di foglie e rose (fonte: domusdeitappetidipietra.it )
Ma sicuramente la figura più curiosa e più facilmente identificabile è il Genio dell’Inverno, vestito con un pesante abito e un mantello realizzato con tessere di pasta di vetro verdi e turchesi e un copricapo con delle canne che lo fanno assomigliare a un giullare; l’Inverno è anche l’unico ad avere delle babbucce ai piedi, mentre le altre stagioni indossano dei sandali.

Le quattro stagioni danzano alla presenza di una quinta figura che si trova in secondo piano: è un giovane suonatore di siringa, uno strumento musicale a fiato, fatto di canne di diversa lunghezza che erano tenute insieme da corde o cera.

Il suonatore di siringa, forse la personificazione del Tempo
(fonte: domusdeitappetidipietra.it )
Il suonatore di siringa, forse la personificazione del Tempo (fonte: domusdeitappetidipietra.it )
Gli studiosi pensano che questo giovane suonatore rappresenti in realtà il Tempo che scandisce il trascorrere delle stagioni, cioè la danza dei quattro Geni.

Sarà forse per questo suo ruolo così importante che la siringa che suona è fatta di tessere d’oro, una rarità assoluta in un mosaico pavimentale! Sulla testa delle stagioni e del suonatore sono appesi dei festoni, ma la scena in cui si muovono le figure non ha altri dettagli e rimane una specie di sfondo di colore neutro, su cui però si proiettano le ombre delle figure in movimento.

Oltre a questa scena figurata, la casa era decorata con altri mosaici geometrici che sembrano davvero dei tappeti di tessuto: cerchi che si intersecano a formare fiori a quattro petali, motivi a cassettoni, a cerchi e a nodi.

Uno degli ambienti della domus con una decorazione geometrica 
(fonte: https://domusdeitappetidipietra.it )
Uno degli ambienti della domus con una decorazione geometrica (fonte: domusdeitappetidipietra.it )

E poi c’erano i pavimenti in opus sectile, ovvero quelli costruiti con marmi tagliati in forme geometriche. Questi erano i veri pavimenti lussuosi della casa, perché i marmi di diverse qualità e tagliati in grandi lastre erano molto costosi. Venivano realizzati su una base di malta e di pance di anfore, che servivano a fissare i diversi elementi di marmo.

Lo strato di preparazione con i frammenti di anfore su cui erano fissate le lastre di marmo (da Domus dei Tappeti di Pietra, guida edita da RavennAntica, Ravenna 2008, p. 34)
Lo strato di preparazione con i frammenti di anfore su cui erano fissate le lastre di marmo (da Domus dei Tappeti di Pietra, guida edita da RavennAntica, Ravenna 2008, p. 34)

Gli artigiani creavano così grandi mattonelle con decorazioni geometriche e poi le montavano l’una accanto all’altra: l’effetto era spettacolare, con i marmi venati di mille colori e la superficie lucida.

Purtroppo quando gli edifici cadevano in rovina, questi marmi venivano quasi sempre smontati per essere riutilizzati da qualche altra parte; per questo oggi ci rimangono spesso soltanto le basi con le pance delle anfore che ci fanno immaginare qualcosa che non esiste più ma che doveva essere davvero bello.

Ricostruzione di uno degli ambienti della domus pavimentati con opus sectile (da Domus dei Tappeti di Pietra, guida edita da RavennAntica, Ravenna 2008, p. 45)
Ricostruzione di uno degli ambienti della domus pavimentati con opus sectile (da Domus dei Tappeti di Pietra, guida edita da RavennAntica, Ravenna 2008, p. 45)

La mia visita era finita, ma io percorrevo avanti e indietro le passerelle e non mi decidevo a uscire. Pensavo a quanti siti dormono ancora sotto le strade delle nostre città, pensavo a quanti parcheggi sono stati costruiti al di sopra di mosaici belli come e forse ancor di più dei tappeti di pietra di Ravenna, a quanta storia calpestiamo ogni giorno senza saperlo.

Sarebbe stato bello rimanere là sotto, catapultati in un tempo lontano, ma poi ho pensato a tutto quello che c’è ancora da fare perché altre domus dei tappeti di pietra siano scoperte, conosciute, protette e condivise con le comunità e allora ho salito le scale e sono tornata al convegno da cui ero scappata: “c’erano molte persone, nessuno si sarà accorto della mia piccola fuga”- mi sono detta.

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