Ritratti

Mary Leakey: la paleoantropologia, l’Africa, i dalmata

Fu una gita bellissima. Passeggiai a lungo tra le torri di pietra sentendomi un’intrusa in un paesaggio antico di migliaia di anni. Al ritorno da Stonehenge, ci fermammo in un paese chiamato Avebury. C’erano degli scavi archeologici in corso e mia madre chiese il permesso di visitarli. Quando arrivammo al campo, trovammo una sorpresa ad attenderci: l’archeologo responsabile era una donna, Dorothy Liddell. Dunque una donna poteva diventare archeologo.

Nella mia mente si accese una speranza.

La storia di Mary Leakey ha dell’incredibile, anche se spesso – come era abbastanza comune per una donna nata nella prima metà del Novecento – è stata messa in ombra da quella del marito e compagno di ricerche Louis Leakey, convinto assertore del fatto che le tracce più antiche dell’evoluzione della specie umana andassero ricercate in Africa.

La biografia di Mary Leakey, all’anagrafe Mary Douglas Nicol, è raccontata da Cristiana Pulcinelli nel libro Alla ricerca del primo uomo (illustrazioni di Vittoria Facchini), Editoriale Scienza. Un ottimo strumento per avvicinare alla conoscenza di questa donna, archeologa e paleoantropologa i bambini e far percepire loro quanto la passione, unita alla determinazione, possano permettere a chiunque, maschio o femmina, di realizzare i propri sogni.

Spulciando in rete è inoltre possibile imbattersi in numerosi materiali sulla sua vita, a partire dal corto animato realizzato dal New York Times in collaborazione con l’Howard Hughes Medical Institute’s BioInteractive.

Mary Leakey in un fotogramma del corto animato alla sua figura dedicato.

Ma chi era Mary Leakey? Nacque a Londra nel 1913. Suo padre era un pittore e per questo abituato a girare il mondo in cerca di ispirazione per i suoi quadri. Sua madre discendeva da un certo John Frere, un gentiluomo di campagna che nel 1790 pubblicò un articolo in cui, sulla base di alcuni fortuiti ritrovamenti di ossa e pietre scheggiate, sosteneva l’esistenza dell’uomo già centinaia di migliaia di anni prima di quella che all’epoca si credeva fosse la data di creazione del mondo, ossia il 4004 a.C.

Il suo amore per l’archeologia giungeva, dunque, da lontano e molto più lontano di quanto potesse immaginare, l’avrebbe condotta.

Durante la sua infanzia, viaggiando spesso tra Italia, Svizzera e Francia, Mary non ebbe un’istruzione regolare. Fu suo padre ad insegnarle a leggere partendo da due classici come Alice nel paese delle Meraviglie e Robinson Crusoe e quando sua madre, rimasta vedova dopo la morte del marito, si stabilì definitivamente a Londra e decise di mandarla a scuola presso un istituto di suore, Mary, che era una ragazzina insofferente alle regole e dotata di un grande spirito libero, fece di tutto per farsi espellere.

Qualche anno prima, quando aveva dodici anni, aveva visitato la grotta preistorica da poco scoperta di Peche Merle, in Francia. Ritrovarsi in uno spazio così angusto, circondata da pareti coperte da disegni fatti dagli uomini migliaia di anni prima, le fece capire con grande lucidità che nella sua vita non avrebbe voluto fare altro se non scavare alla ricerca di tracce del passato.

Non fu facile all’inizio tenere fede a quella promessa. Mary non possedeva un titolo di studio e per questo non poteva essere ammessa all’università, ma non si arrese. Cominciò, da non frequentante, a seguire alla University College of London i corsi dell’archeologo britannico Mortimer Wheeler e grazie alle conoscenze apprese ebbe la possibilità di partecipare, a soli diciassette anni, allo scavo del sito paleolitico di Hembury in Inghilterra. Lì si distinse presto per le sue doti di disegnatrice che le permisero di entrare in contatto con l’archeologa Gertrude Caton Thompson, che le commissionò le illustrazioni per un libro che stava scrivendo, ma anche con colui che sarebbe stato il grande amore della sua vita: Louis Leakey.

Louis era diverso. Era maturo, era un archeologo esperto, amava i posti selvaggi, lavorava sul campo e viveva in mezzo agli animali. Tutte cose che su di me avevano un grande fascino. Inoltre, mi trattava alla pari: non come una ragazzina, ma come una collega da consultare. Come avrei potuto resistere? Nel giro di pochi mesi ero cotta.

Mary e Louis Leakey sul campo (fonte: bit.ly/2Aq9JJr).

Per più di trent’anni, Mary e Louis formarono un sodalizio perfetto, nella vita e nel lavoro. Si trasferirono definitivamente in Africa, terra amata da entrambi e fondamentale per i loro studi, nel 1936, subito dopo il matrimonio.

Le loro ricerche si concentrarono nell’area compresa tra Kenya e Tanzania, presso la gola di Olduvai, nella pianura del Serengeti. Fu qui che ritrovarono i resti del Proconsul, quello che all’epoca era considerato l’anello mancante tra la scimmia e l’uomo e che oggi, invece, viene ritenuto un antenato comune. E fu sempre in questa zona che, alcuni anni dopo, grazie al fiuto infallibile di Mary, recuperarono i frammenti del cranio di un Australopithecus boisei, un ominide vissuto tra 2,6 e 1,2 milioni di anni fa, battezzato come Zinyanthropus boisei o semplicemente “schiaccianoci”, per via delle enormi mascelle.

(Fonte: bit.ly/2PTAXO3).

Da quel momento in poi Mary avrebbe continuato a scavare a Olduvai, Louis invece si sarebbe preoccupato di cercare soldi per finanziare la ricerca scrivendo libri e partecipando a conferenze in giro per il mondo. Una divisione di ruoli che, alla lunga, avrebbe causato una rottura fra di loro, una divergenza sul piano scientifico insanabile e un progressivo allontanamento nella vita privata, fino alla morte di Louis nel 1972.

Verso la fine degli anni Settanta, Mary decise di spostare le sue ricerche nella piana di Laetoli in Tanzazia. Qui, nel 1978, ritrovò impresse nella cenere del vulcano Laetoli le impronte dei piedi di tre ominidi, un uomo, una donna e un bambino, la prova definitiva che i nostri antenati camminavano su due gambe già tre milioni e mezzo di anni fa.

Tre ominidi avevano camminato in quel luogo, sicuramente su due gambe. Probabilmente erano un uomo, una donna e un bambino. Una famiglia. Il bambino seguiva gli adulti e probabilmente giocava a un gioco al quale possiamo veder giocare i nostri figli: seguiva uno degli adulti passo passo, posando il suo piccolo piede sull’orma del piede più grande.

Mary Leakey è fotografata accanto alle impronte di ominidi scoperte a Laetoli nel 1976 (Fonte: bit.ly/2O2WK44).

Mary Leakey non fu soltanto un’archeologa e paleoantropologa pluripremiata per i suoi meriti scientifici e insignita di ben quattro lauree ad honorem, ma anche madre di tre figli maschi, cosa che non le impedì affatto di continuare a dedicarsi al suo lavoro con impegno e costanza. I suoi bambini la seguivano ovunque, anche sullo scavo, dove l’attendevano al riparo sotto la tenda assieme agli amati dalmata, mentre lei scavava china sotto il sole.

(Fonte: bit.ly/2hfOzTb).

Fu il secondogenito Richard ad essere, più dei suoi fratelli, contagiato dalla passione dei suoi genitori e a scegliere la stessa professione. Oggi le ricerche di Louis e Mary Leakey e del loro figlio sull’evoluzione della specie umana nel continente africano sono portate avanti dalla moglie di Richard, Meave, e dalla loro figlia Louise, in una sorta di ideale staffetta archeologica interna alla stessa famiglia e in buona parte al femminile.

Meave e Louise Leakey (Fonte: bit.ly/2O1400l).

Il nome della famiglia Leakey è inoltre associato a quello di una fondazione, con sede a San Francisco, che finanzia gli studi di giovani ricercatori sulle origini dell’uomo.

Quella di Mary Leakey è una storia esemplare, non tanto e non solo per gli incredibili risultati scientifici che le sue ricerche hanno prodotto in Africa, ma ancor più per la determinazione, la passione e la forza di volontà che dall’infanzia in poi le hanno permesso di superare qualsiasi ostacolo e riuscire, nonostante la non convenzionalità dei suoi studi, a soddisfare le sue ambizioni.

Proporre la sua storia ai bambini e alle bambine non deve essere tanto un mal celato tentativo di interessarli all’archeologia e alla paleontropologia, quanto semmai dovrebbe servire a far comprendere come sono spesso gli eventi fortuiti e gli incontri inaspettati quelli che ci fanno scoprire cosa davvero ci piace fare, e che credere fortemente in qualcosa e impegnarsi a raggiungerlo con dedizione e fatica è l’unico modo per dare un significato autentico alla nostra vita.

Alla ricerca del primo uomo. Storia e storie di Mary Leakey

Book Cover: Alla ricerca del primo uomo. Storia e storie di Mary Leakey
Editions:Paperback: € 9,00
Pages: 96

Mary Leakey ha trascorso la sua vita sotto il sole dell’Africa, culla dei primi ominidi, a scavare, setacciare, raccogliere e ricomporre frammenti di ossa, pezzi di denti e schegge di pietra: l'archeologia e la paleontologia sono, per questa donna tenace, missione di vita. Le sue scoperte hanno fatto capire che è l’Africa la culla dell’Homo sapiens.
Sempre circondata dalla famiglia, è stata l’artefice di alcune delle più entusiasmanti scoperte archeologiche del Ventesimo secolo: dal Proconsul, considerato allora l’anello mancante, la specie di passaggio tra le scimmie e l’uomo, all’Homo Habilis, fino alla straordinaria “camminata di Laetoli”, una fila di impronte fossili lasciate da una famiglia di ominidi bipedi vissuta 2 milioni di anni fa.
Chiudono il libro le note di approfondimento, la cronologia delle scoperte e l'intervista di Sylvie Coyaud a Mary Anne Tufari, docente all'università La Sapienza di Roma e archeologa.
Età: da 11 anni.

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Publisher: Editoriale Scienza
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