Grandi libri per piccoli archeologi

I luoghi del culto tra passato e presente

Gli antichi dicevano che pregare è respirare. Qui si vede quanto sia sciocco voler parlare di un “perché”. Perché io respiro? Perché altrimenti morrei. Così la preghiera.

(Søren Kierkegaard)

Che sia rivolta a Dio o ad Allah o a Shiva o a qualche spirito della natura o al creato intero la preghiera è uno dei momenti di più intimo raccoglimento umano, che si ripete uguale a sé stesso da millenni. Non c’è una data precisa a partire dalla quale gli uomini hanno cominciato a sentire l’esigenza di pregare, perché si tratta di un bisogno connaturato all’uomo, istintivo come il respiro. E se è sufficiente giungere le mani al petto o chiudere gli occhi o stare nel silenzio per rivolgere una preghiera ad una suprema entità divina, il luogo dove ciò accade non è indifferente ma può in qualche modo amplificare la potenza spirituale dell’invocazione.

In principio non si trattava di un luogo fisico preciso, semmai di un posto separato da tutto il resto, “templum” appunto, magari circondato da pali in mezzo al bosco, dove gli uomini si recavano per parlare con gli dèi. Poi quel luogo ha assunto una conformazione architettonica precisa, divenendo, a seconda delle religioni, tempio o piramide o chiesa o pagoda o moschea.

Il libro Cult – 40 luoghi tra cielo e terra di Giancarlo Ascari con le illustrazioni di Pia Valentinis, Edizioni El, propone un’inedita e sorprendente carrellata per immagini e parole di 40 luoghi simbolo della spiritualità attraverso le diverse epoche. Luoghi non immaginari ma reali e dunque storicamente e archeologicamente documentati o tuttora esistenti.

In principio era un non-luogo, ad esempio in Sardegna nell’età del bronzo i pastori adoravano le sorgenti dove portavano le pecore a pascolare. Oppure gli antichi popoli germanici, ma anche i Greci e i Romani, si recavano in preghiera nei boschi ed eleggevano come punti di adorazione gli alberi o costruivano altari improvvisati con le pietre.

Poi fu la volta delle grotte, luoghi raccolti e ancestrali, carichi di mistero e trasfigurati in primitivi templi dove celebrare riti propiziatori. Col tempo l’esigenza di disporre di spazi appositi concepiti per l’incontro con il divino portò alla costruzione di veri e propri monumenti, via via sempre più articolati e imponenti: il cerchio megalitico di Stonehenge, le piramidi del Sud America, le ziqqurat babilonesi, i templi etruschi, greci e romani, e via dicendo.

L’osservatorio, Khorsabad, Iraq

Se passiamo in rassegna tutte le più grandi civiltà antiche, ci accorgiamo che ciascuna di esse è caratterizzata da un luogo simbolo utilizzato a scopi religiosi e che la forma architettonica di esso è il riflesso della concezione divina propria di ogni popolo.

Molti di questi luoghi hanno assunto col tempo una valenza fortemente simbolica, che trascende il significato propriamente religioso ed ideologico per assumere quello più ampiamente culturale e storico.

Pensiamo al Muro del Pianto a Gerusalemme: nient’altro che un muro appunto, quel che resta dell’antico tempio fatto costruire da Erode il Grande nel 20 a.C. e distrutto dall’imperatore Tito nel 70 d.C. Ma quel muro, lasciato appositamente come emblema della potenza militare dei Romani, a distanza di secoli si è trasformato in uno dei luoghi più sacri del pianeta e come tale avvertito non solo dagli ebrei, ma dall’umanità intera.

Ogni fede religiosa ha un luogo preciso deputato alla preghiera, sia esso chiesa o sinagoga o moschea o basilica ortodossa o tempio induista o santuario scintoista. Ma ciascuno di essi non è soltanto uno spazio riservato ai seguaci di un determinato credo religioso, ma è anche un luogo aperto a chiunque voglia ammirarne la magnificenza architettonica e lo splendore artistico, percepirne la suggestione sacrale e provare la sensazione di profonda quiete che il solo gesto di varcare la soglia della casa di Dio, qualunque esso sia, comporta.

La Mecca, Arabia Saudita

La maggior parte dei luoghi e dei culti citati nel libro sono, per sommi capi, noti a tutti, eppure non mancano gli elementi di novità. Avete mai sentito parlare del culto del cargo? È tipico delle popolazioni indigene dell’Australia che dopo aver visto, durante la Seconda Guerra Mondiale, arrivare aerei cargo pieni di cibo e beni arrivare sull’isola, si convinsero che quelle merci provenissero dai loro antenati e fossero destinate agli indigeni e non ai bianchi. Per questo, per propiziare l’arrivo di nuovi aerei, decisero di costruire un intero aeroporto con canne di bambù, legno e frasche.

Il vero punto di forza del libro sono le immagini, potenti, evocative, dai colori accesi, rispetto alle quali il testo ha una valenza poco più che didascalica. Scorrendo le pagine in sequenza si può vedere come sono cambiati i luoghi del culto nel corso del tempo, diventando via via più sofisticati e grandiosi, fino ad apparire talvolta come puri esercizi di stile architettonico. È il caso del Wat Rong Khun o Tempio Bianco in Thailandia, amato dai turisti forse perché assomiglia a un parco Disneyland più che ad un luogo dello spirito. Chissà come saranno i luoghi per la preghiera del futuro!

Nel frattempo, casomai qualche aspirante architetto volesse trarre spunto, questo variegato catalogo è un buon punto di partenza e un invito soprattutto a riconoscere negli spazi in cui viviamo i luoghi riservati alla preghiera, dai tabernacoli di campagna alle maestose chiese romaniche o barocche che affollano i centri storici delle nostre città. Un ottimo esercizio di sguardo e di lettura del paesaggio per l’estate.

Cult - 40 luoghi tra cielo e terra

Book Cover: Cult - 40 luoghi tra cielo e terra
Editions:Hardcover: € 14,25
Pages: 96

Templi, piramidi, sinagoghe, chiese, moschee, pagode... Quaranta luoghi in cui dalla notte dei tempi l'umanità porta gioie, paure, desideri e speranze.
Età di lettura: da 9 anni.

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Publisher: Edizioni EL
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