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Fare il pane: tra storia e marmellata. La mia Giornata Nazionale delle Famiglie al Museo al Parco Archeologico dei Dauni di Ascoli Satriano (Fg)

“Abbiamo il fornelletto per la cottura del pane?”

“Sì, ne abbiamo portati due per sicurezza.”

“E la farina?”

“Ce l’abbiamo. Qui ci sono anche le marmellate (prugne, fichi e uva), il miele e il pane di farro che un pizzaiolo di Foggia ci ha preparato seguendo un’antica ricetta romana.”

“E il grano?”

“Abbiamo anche quello e per pestarlo possiamo usare le macine che sono state trovate qui nel parco. Cerchiamo in giro qualche sasso rotondo da utilizzare come macinello.”

“Bene, io ho il libro per la lettura animata, il dvd di Matì e Dadà, gli adesivi e i pieghevoli di Miffy con il “Manifesto per un museo a misura di bambino” che ci sono stati spediti e che distribuiremo tra i bambini. Direi che possiamo preparare i tavoli e aspettare che arrivino le famiglie che si sono prenotate. E speriamo arrivino!”.

12 ottobre 2014. Oggi è la Giornata Nazionale delle Famiglie al Museo – F@Mu, per me un appuntamento speciale visto che ormai da un anno seguo da vicino, assieme al resto dello Staff, l’organizzazione dell’evento. Io e le mie colleghe della società Archeologica abbiamo deciso di sperimentare per l’occasione un laboratorio mai fatto prima. Mossa non proprio strategica, devo ammettere. E se andasse male che figura ci facciamo? Ma l’entusiasmo e l’incoscienza sono i migliori ingredienti, a volte, per la buona riuscita di qualcosa.

Oggi faremo il pane con le famiglie che verranno a trovarci qui al Parco Archeologico dei Dauni ad Ascoli Satriano: lo macineremo, impasteremo la farina con l’acqua e proveremo a cuocere, con gli scarsi mezzi a disposizione (l’idea era quella di accendere un fuoco. Ma Rosario, il responsabile del parco, ce lo ha impedito severamente. Aveva forse paura che appiccassimo un incendio?!), le forme modellate. E poi per finire…  ve lo dico dopo.

In realtà il tema della F@Mu di quest’anno è il ‘filo di Arianna’, che con i Dauni, ahimè, centra ben poco. Ma non è forse il pane quell’alimento che da millenni ci unisce gli uni agli altri, di civiltà in civiltà, e ci accomuna nei gesti rituali che ne scandiscono la preparazione e il consumo?

Ecco, le prime famiglie stanno arrivando. Che sia domenica mattina lo si intuisce bene osservando i volti dei genitori e dei bambini: i primi un po’ spenti e rassegnati all’idea che anche stamattina ci è dovuti svegliare presto, i secondi vispi, allegri, curiosi. Che ci faranno fare adesso? Dove siamo finiti?

“Cominciamo? Ci sediamo sul prato? Vi leggo qualche brano di un libro di storie… Venite qui sull’erba, accanto ai resti di questo pavimento fatto di ciottoli”.

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Tutti i bambini si siedono in cerchio attorno a me; i genitori, quasi tutti, restano in piedi. Chissà perché a volte si pensa che queste giornate siano destinate solo ai più piccoli, che le storie e i giochi siano preclusi ai grandi. E invece lo scopo dell’iniziativa è proprio quello di far capire che il museo o l’area archeologica può, all’occorrenza, trasformarsi nel luogo in cui condividere assieme un’esperienza di conoscenza e di gioco. Un modo insolito per dimostrarsi che ci si vuole bene e ci si prende cura l’uno dell’altro.

“Siete mai stati ad un museo o ad un parco archeologico con il resto della famiglia?”

“Io sì! Sono venuta a Canne della Battaglia qualche domenica fa, ricordi?”

“Certo che me lo ricordo!”

I genitori di Elisabetta e di suo fratello sono fantastici, sono già venuti a trovarci all’Antiquarium di Canne della Battaglia. Si fanno chilometri pur di partecipare alle nostre iniziative! Da premiare per la fedeltà!

“Oggi abbiamo deciso di dedicare questa domenica delle famiglie al museo al pane. A voi piace? Come lo mangiate?”

“Con sale e olio”.

“Con i pomodorini: la frisella”.

“Con la nutella!”

“E allora vi racconto come è nato il pane, chi sono stati i primi a macinare i cerali e a cuocerlo. E vi leggo qualche storia da questo libro bellissimo: Fame di pane di Giusy Quarenghi”.

Il libro, della Slow Food Editore, fa parte di una collana, ‘Per mangiarti meglio’, ideata appositamente per coinvolgere i piccoli lettori in assaggi, giochi, esperimenti e trasformarli in veri degustatori.

S’io facessi il fornaio/vorrei cuocere un pane/così grande da sfamare/tutta, tutta la gente/che non ha da mangiare…

recita una filastrocca di Gianni Rodari tratta dal libro e mentre leggo mi accorgo che i bambini iniziano ad agitarsi sull’erba, segno che è ora di mettersi all’opera.

“A me sta venendo fame. Prepariamo il pane?”

“Sììì!!!”

Ci avviciniamo alle due macine che abbiamo disposto sotto il portico.

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A turno, ogni bambino impugna il suo sasso e comincia a pestare il grano. E che sorpresa quando la superficie scura della pietra lavica della macina diventa biancastra.

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“La farina! Ma usiamo questa qua per fare il pane?”

“No ce ne vorrebbe tanta e dovremmo stare qui tutta la mattinata a macinare…”

“Anch’io voglio provare” mi dice Marco, il più piccolino, che mentre macina guarda il suo papà, quasi cercasse un cenno di approvazione.

“Ora disponetevi attorno ai tavoli e ciascuno inizi ad impastare con l’acqua il suo mucchietto di farina. Mi raccomando, tutti assieme, genitori e figli”.

“Ma gli uomini non andavano a caccia mentre le donne preparavano il pane?” mi fa un piccoletto dall’aria furba. Ecco, come glie la spiego adesso la parità di genere?

“Un tempo era così. Ma oggi anche i papà cucinano”.

Perplesso, si avvicina al suo monticello di farina e crea al centro un piccolo cratere.

“Io faccio un castello!”

Quello in realtà si fa con la sabbia. Vabbè, te lo spiego un’altra volta.

Finalmente le fila si rompono e i ruoli si confondono. Questo lungo tavolo, bianco di farina e circondato da mamme, papà e figli, è la scena più bella di questa mattinata. Le mani grandi e piccole che impastano assieme, gesti sicuri e movenze incerte che si confondono e provano di comune accordo a modellare una pagnotta, una piadina, un serpente… Ognuno sceglie la forma che preferisce.

E sono proprio i papà, in fila indiana, che ci portano orgogliosi le creazioni di pane dei loro figli per metterle a cuocere sulla piastra. Peccato però non avessimo previsto una panificazione così profilica: il nostro fornelletto non ce la fa e la piastra è troppo piccola per accogliere tutti i pani. La prossima volta ci attrezziamo con una cucina da campo!

Mentre mamme e papà si accalcano attorno al fornelletto o passeggiano nel parco e i bambini guardano il dvd con due episodi di Matì e Dadà sul Pantheon e Michelangelo, noi prepariamo la merenda. Il pane di farro ha un sapore forte, pastoso e un retrogusto speziato. Con un po’ di miele o marmellata diventa delizioso.

Adulti e bambini sembrano apprezzare e, come accade in tutte le feste, il momento conviviale diventa quello in cui si allentano le tensioni, si chiacchiera del più e del meno, si annullano le distanze e ci si trasforma in amabili commensali. Il pane: filo che ci lega tutti.

C’è ancora tempo per un disegno: chiediamo ai bambini di tradurre in immagini, parole e colori queste poche ore trascorse in nostra compagnia, il ricordo più bello, l’immagine più nitida, il momento più divertente.

E mentre noi ripuliamo dalla farina gli spazi invasi, sotto l’occhio vigile di Rosario che prontamente ci rifornisce di scopa, paletta e spugnette, le famiglie cominciano ad allontanarsi. C’è chi ci ringrazia, chi ci chiede un pezzo di pane da portar via o addirittura la ricetta, chi ci dà appuntamento alla prossima volta.

Uno degli ultimi bambini a salutarci è il piccolo Giuseppe, sguardo birichino e caschetto fluente.

“Guarda che cosa ho trovato?” mi dice mostrandomi dei sassolini che ha in mano.

“Cosa sono?”

“Uova di dinosauro!”

Posso non credergli?

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