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C’era una volta una villa e ora non c’è più

Cari bambini e bambine, ragazzi e ragazze,

voglio raccontarvi una storia che inizia molti anni fa. Era l’estate del 2003 ed io, allora giovanissima, assieme ad un gruppo di amici, colleghi e studenti archeologi cominciai a scavare in un posto un po’ sperduto nelle campagne di Ascoli Satriano, circondato da uliveti e campi di grano. Mi ero laureata pochi giorni prima ed ero talmente elettrizzata che quello scavo per me fu molto meglio di una vacanza premio. Eravamo tutti pieni di energie e speranze e soprattutto felici. Nonostante il gran caldo, non ci pesava affatto stare sotto il sole tutto il giorno, anzi, quella terra arida era per noi di gran lunga meglio della sabbia della riviera romagnola!

Il saggio in cui scavavo nel 2003 e dove ritrovammo una fornace per laterizi. Era la nostra piccola “riviera romagnola”.

Allora non avevamo ancora piena consapevolezza di cosa ci fosse sotto i nostri piedi. Ma in un certo qual modo da subito quello ci parve un po’ il campo dei miracoli. In qualsiasi punto si affondasse la lama del piccone veniva fuori qualcosa di eccezionale: pavimenti in marmo, pezzi di mosaico, fornaci e tanto altro ancora. Stavamo riscrivendo la storia di quel territorio, una storia già di per sé millenaria e straordinaria, e l’incoscienza di gioventù ci sollecitava ancor di più a dare il meglio di noi stessi. Cuore, mente e muscoli dritti allo scopo: riportare alla luce la storia di quel campo.

La grande sala da pranzo (coenatio) appena dopo la scoperta nel 2003.

Dopo quella, ci sono state molte altre campagne di scavo e negli anni le ipotesi formulate in quelle prime settimane frenetiche hanno assunto i contorni di una certezza storica: lì vi era una grande villa di un ricco signore romano, che per sé e la sua famiglia aveva voluto il meglio, senza badare a spese.

Una sala da pranza enorme con una lussuosa pavimentazione in marmi colorati giunti da ogni dove, realizzata al di sopra di un precedente mosaico, e poi, come ciliegina sulla torta, una mensa in muratura a ferro di cavallostibadium lo chiamiamo noi archeologi – tutta rivestito di marmi e tessere vitree.

Lo stibadium.

Chissà quante voci e musiche sono risuonate in quella sala affacciata sulle campagne circostanti e quanti ricchi cittadini romani hanno avuto l’onore di sdraiarsi sulla mensa al fianco del padrone di casa. Mangiavano, bevevano vivo e chiacchieravano del più e del meno, di politica e filosofia, di affetti e del senso della vita. La villa comprendeva poi anche le terme, dove rilassarsi, fare ginnastica e bagni di acqua calda e fredda, e poi tanti altri ambienti: per lavorare, cucinare, per la servitù. È una storia lunghissima quella della villa di Faragola, che inizia prima dei Romani e prosegue ben oltre, quando ormai la famiglia del ricco signore ascolano non c’era più, ma altre genti, con animali al seguito, ne occuparono gli spazi e lì vissero ancora a lungo.

La villa romana di Faragola vista dall’alto.

Ho scavato diversi anni a Faragola; poi ad un certo punto ho smesso, ma le campagne di scavo sono proseguite ed io ho continuato ad occuparmene in maniera diversa.

Ho scritto un libro per voi bambini sulla villa, ho accompagnato gruppi di visitatori perché vedessero la bellezza di questo posto e non se la scordassero più, ci sono tornata tante volte con gruppi di scolaresche per raccontare, per scoprire assieme il sito, per smontare finte stratigrafie archeologiche e far capire quanto lavoro, passione, fatica ci fossero voluti per far riemergere dall’oblio un sito straordinario, uno scrigno di storie e di vite.

Il gruppo di archeologi del 2004.

Per più di 10 anni lo scavo di Faragola non è stato soltanto un grandissimo lavoro di ricerca e uno dei maggiori cantieri-scuola in Italia, dove centinaia di archeologi e archeologhe da tutto il mondo hanno imparato a scavare, ma è stato soprattutto un’esperienza umana indescrivibile per molti di noi. Tra i muri della villa ho conosciuto moltissimi di quelli che oggi sono i miei amici e altri rapporti già esistenti si sono consolidati e cresciuti. Abbiamo condiviso tanto in quegli anni: saggi, attrezzi, creme solari, piatti di insalata di riso scotta, stanze da letto, buste di patatine, viaggi in macchina, rimproveri e responsabilità, bacinelle piene di cocci e tanti progetti ed emozioni. In un certo qual senso, quelli sono stati gli anni migliori della nostra carriera da archeologi, quelli in cui avevamo ancora una strada da percorrere e non vedevamo l’ora di attraversarla e giungere a destinazione.

Il gruppo di archeologi e restauratori al completo nel 2006.

Perché vi racconto oggi tutto questo? Perché la notte scorsa un gesto folle e deplorevole ha cancellato come una gomma tutto questo. Esseri umani, che solo definirli tali è troppo, individui meschini, brutali, senza pietà e poveri dentro hanno appiccato un enorme incendio e bruciato tutto: le coperture in legno e lamiera che coprivano il sito e di conseguenza danneggiato muri, pavimenti, mosaici, marmi…

Sembra che l’abbiano bombardato! È rimasto ben poco di quello che c’era e anche se dovessimo riuscire a rimetterlo in sesto, non tornerà più quello di prima”, questo mi hanno detto amici e colleghi che si sono recati sul posto dopo aver appreso la notizia.

Ieri per me, e per tutti gli archeologi e le archeologhe che tanto del loro tempo e delle loro energie hanno dedicato negli anni alla villa di Faragola, è stato un giorno di lutto, come quando muore una persona cara all’improvviso. Abbiamo pianto, ci siamo disperati nel vedere le foto e i video del disastro, ci siamo chiesti e richiesti perché, quale ragione, quale oscuro interesse possa aver spinto qualcuno a compiere un gesto simile.

A chi può dar fastidio un sito archeologico? Fino a che punto può spingersi la violenza cieca degli uomini? Come non capire che distruggere quelle che magari a molti sembreranno poche pietre ammucchiate vuol dire cancellare per sempre una traccia della memoria della propria terra? Con quale coraggio questi esseri spregevoli sono tornati a casa e al mattino hanno guardato negli occhi i propri figli? Come tanti provo una gran rabbia oltre che profonda tristezza, senso di sconfitta e amarezza. A volte questo Sud in cui siamo nati e cresciuti ti prosciuga l’anima, spegne gli entusiasmi, demolisce il tuo lavoro, ti priva anche solo della capacità di immaginare il futuro. Nascere al Sud è una fortuna perché non c’è Terra più bella e ricca di questa, ma è anche una condanna, perché ogni volta tutti i tuoi sforzi saranno vanificati e dovrai ricominciare altre mille e mille volte.

È il momento del lutto, delle lacrime e del cordoglio, degli abbracci e delle strette di mano. Passato questo momento bisognerà capire da dove ricominciare e in che modo. Ognuno degli archeologi e delle archeologhe di Faragola troverà la sua personalissima maniera di offrire il proprio contributo.

Scolaresche impegnate in laboratori di scavo simulato a Faragola.

Io ho cominciato a farlo oggi raccontandovi questa storia e ho scelto di indirizzarla a voi perché siete l’unico futuro che posso concepire. In questi anni ho capito che partire dal basso, e soprattutto dai bambini, vuol dire contribuire a costruire una società del domani che possa accogliere, conservare, valorizzare e custodire tutto quello che noi archeologi oggi riportiamo alla luce.

Come piantare ulivi che noi non vedremo crescere, ma che un giorno saranno forti e capaci di produrre frutto.

Partire dall’educazione – e qui parlo ai grandi – dall’educazione al patrimonio, alla civiltà, al rispetto vuol dire creare conoscenza, senza la quale non può esserci né consapevolezza né azione civica.

Ancor più che alle ville, alle terme, alle chiese che riportiamo alla luce dobbiamo dar peso al modo in cui siamo in grado di far percepire a tutti i cittadini l’onore e l’onere di possedere una tale eredità culturale.

Un poeta che amo molto, Bruno Tognolini, nelle sue “Rime di rabbia” scrive:

… non c’è bisogno di indovini / Per sapere che arriverà il futuro / Speriamo che la rabbia dei bambini / Non ci presenti un conto troppo duro.

Ecco bambini, vi chiedo scusa se noi adulti vi stiamo lasciando un mondo pieno di odio, violenza, problemi, conflitti, sciagure… Avete tutto il diritto di arrabbiarvi, ma abbiamo bisogno anche di voi per impedire che scempi come quello della villa di Faragola si ripetano.

Io, dal canto mio, farò di tutto per non disperdere la memoria oggi sepolta sotto le macerie e ve ne farò dono tutte le volte che mi sarà possibile, fino a rimanere senza fiato nei polmoni e senza parole da scrivere.

Giovanna

Comments (7)

  1. Bravissima Giovanna. . . La tua dolcezza,la tua pazienza e il tuo non arrabbiarti mai. . Mi hanno sempre lasciata a bocca aperta. . . Ho un bellissimo e dolce ricordo di te. . Con tanto affetto . . Angela Paoletta . . Ho letto ciò che hai scritto. . Mi hai emozionata. . Bravissima. . .

  2. Ho letto con interesse, emozione, commozione, rabbia. Sembra di dover combattere contro i mulini a vento.

  3. maledetti…. solo chi sà cosa vuol dire respirare polvere e mangiare un panino nelle trincee assolate degli scavi può capire il danno enorme, che non è solo materiale, culturale e storico. E’ anche individuale, intimo e profondo di fronte alla ignoranza. Di fronte a chi non capisce che la rinascita di una terra, può passare anche da questa bellezza….

  4. Cara Giovanna mi hai commosso molto…Hai ragione, dobbiamo essere molto tristi, visto che c’è, nelle nostre stesse strade, chi è capace di distruggere in un attimo tutta la bellezza, UNICA, che tu e tante altre persone avevate portato alla luce, con infinito amore…

  5. Lacrime e commozione

  6. Giovanna Baldasarre

    Grazie a tutti/e per i vostri commenti. Ho cercato con questo post di dar voce non solo al mio dolore, ma alla sofferenza che in questo momento stanno provando tutti gli archeologi e le archeologhe che negli anni hanno lavorato a Faragola. Oggi leggevo che quanto accaduto è paragonabile alla “strage Falcone-Borsellino” del patrimonio culturale italiano. Spero solo che da tutto questo possa venir fuori qualcosa di positivo.

  7. Un unico commento amaro, e ciò’ che questa nostra generazione sciagurata e sciocca sta lasciando ai nostri figli e nipoti……

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