Guest post

Bonne Pioche: archeologia e bambini in Francia

Il guestpost di questa settimana è un’intervista ai colleghi dell’associazione francese Bonne Pioche, che ringraziamo di cuore per aver accettato di raccontarci e raccontarvi il loro lavoro.

Gli archeologi di Bonne Pioche da anni portano l’archeologia tra i bambini che vivono in condizioni di emarginazione ed esclusione sociale, come ad esempio i reparti pediatrici degli ospedali, laddove c’è più bisogno di fare della conoscenza, e della scoperta e dell’entusiasmo che ne conseguono, un baluardo di resistenza e di affrancamento da una condizione di vita complessa.

Un modello virtuoso che speriamo molti archeologi vogliano e possano replicare anche qui in Italia. Noi di Archeokids siamo pronti a metterci in gioco.

L’intervista è in lingua italiana e francese.


 

Come e perché è nata l’associazione?

L’associazione è nata nel 2010 per iniziativa di Modwene Poulmarc’h, Arnaud Galliègue e Kathleen Dupinay. L’obiettivo era di portare avanti un progetto concepito nel 2008 da Séverine Sanz e intitolato “Degli archeologi in ospedale”, che proponeva ai bambini dell’IHOP(Institut d’Hématologie et d’Oncologie Pédiatrique) di Lione delle attività correlate all’archeologia (“bac de fouille”[1], restituzione, iconografia…).

Ai tre fondatori si sono presto aggiunti altri appassionati di archeologia e le attività della Bonne Pioche si sono diversificate: anche le scuole e le comunità per ragazzi sono state inserite nel progetto sempre con lo stesso obiettivo, quello di portare l’archeologia ai bambini più esclusi dalle animazioni scientifiche. Da allora l’associazione è cresciuta e oggi propone anche dei laboratori in occasione di grandi eventi scientifici nazionali o davanti a un pubblico adulto.

 

 

Che valore ha il progetto per i suoi membri?

Il progetto ha una vera e propria portata sociale che è molto importante per i membri attivi dell’associazione. Oggi è indispensabile rimediare alle lacune del sistema attuale che fanno sì che alcuni bambini siano totalmente esclusi dalle animazioni scientifiche tradizionali quando altri hanno accesso a una moltitudine di animazioni scientifiche di diverso genere. È spesso il caso dei piccoli degenti, degli scolari di certe aree disagiate e, ancora, dei bambini che risiedono in alcune strutture d’accoglienza come le MECS (Maisons d’Enfants à Caractère Social, comparabili alle case-famiglia). L’archeologia, la storia e le scienze umanistiche in generale sono sempre meno presenti nei progetti scientifici rivolti ai bambini.

Il valore del progetto risiede anche nel suo principale obiettivo: la trasmissione. È importante che il sapere non rimanga appannaggio dei ricercatori e degli specialisti. Le conoscenze devono essere condivise, spiegate… e devono apportare qualcosa all’intera collettività.

La forza dell’associazione risiede anche nell’équipe che essa riunisce. Infatti la Bonne Pioche consente a studenti di ogni livello di incontrarsi per discutere e ideare i laboratori, permettendo loro così di tessere una rete di rapporti che coinvolge anche i ricercatori. Anche questo è un aspetto importante del progetto: la trasmissione di informazioni non è rivolta soltanto al pubblico, ma avviene anche all’interno della stessa associazione.

 

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Cosa vi apporta il progetto in quanto archeologi?

Gli scambi che nascono dalla creazione dei laboratori e la loro effettiva realizzazione di fronte a un pubblico sono particolarmente fecondi. Gli animatori si formano gli uni gli altri in funzione delle loro competenze: i preistorici si accostano all’epigrafia, i classicisti alla lavorazione delle pietre del Neolitico, gli antropologi discutono con gli architetti etc. Ciò permette, da una parte, di ampliare i propri orizzonti, dall’altra, di scoprire nuovi modi di pensare e nuovi strumenti che a volte possono essere applicati facilmente alle proprie ricerche.

L’associazione permette anche di intraprendere una riflessione sulla diffusione e la mediazione scientifica, due aspetti importanti della ricerca per i membri della Bonne Pioche, che sono sempre più sviluppati nell’ambito dei poli di ricerca.

 

 

Comment et pourquoi est née l’association ?

L’association est née en 2010 à l’initiative de Modwene Poulmarc’h, Arnaud Galliègue et Kathleen Dupinay. Le but était de pérenniser un projet initié par Séverine Sanz en 2008 intitulé «des archéologues à l’hôpital» qui proposait aux enfants de l’IHOP(Institut d’Hématologie et d’Oncologie Pédiatrique) de Lyon des activités en liens avec l’archéologie (bac de fouille, restitution, iconographie…).

Le trio a rapidement été rejoint par d’autres passionnés d’archéologie et les actions de Bonne Pioche se sont diversifiées : les écoles et les centres aérés ont, entre autres, été intégrés au projet avec un objectif toujours identique, amener l’archéologie aux enfants les plus exclus des animations scientifiques. Depuis l’association a grandit et propose aussi des ateliers lors de grands événements scientifiques nationaux ou devant des publics plus âgés.

 

 

Quelle est la valeur du projet pour ses membres ?

Le projet a une véritable portée sociétale qui est vraiment importante pour les membres actifs de l’association. Il est aujourd’hui indispensable de parer aux lacunes du système actuel qui conduisent certains enfants à être totalement exclus des animations scientifiques traditionnelles quand d’autres ont accès à une multitude de formats. C’est souvent le cas des enfants hospitalisés, des écoliers de certaines zones ou encore des enfants placés dans des structures d’accueil du type MECS. L’archéologie, l’histoire, et les sciences humaines en général, font de plus rarement partie des projets scientifiques orientés vers les enfants.

La valeur du projet réside également dans son intention première : transmettre. Il est important que le savoir ne reste pas aux mains des chercheurs spécialisés. Les connaissances doivent être partagées, expliquées… et apporter quelque chose à l’ensemble de la société.

Ce qui fait la force de l’association, c’est aussi l’équipe qu’elle réunit. En effet Bonne Pioche permet à des étudiants de tous niveaux de se retrouver pour échanger et concevoir des ateliers, leur permettant ainsi d’établir un réseau impliquant également les chercheurs. Il s’agit également d’un aspect important du projet, la transmission se fait en direction du public, mais également au sein de l’association.

 

 

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Que vous apporte le projet en tant qu’archéologues ?

Les échanges suscités par la création des ateliers puis leur mise en place effective devant un public sont particulièrement féconds. Les animateurs se forment en effet les uns les autres en fonctions de leurs spécialités: les préhistoriens s’initient à l’épigraphie, les antiquisants au polissage des pierres du néolithique, les anthropologues discutent avec les architectes, etc. Cela permet d’une part d’élargir ses horizons, mais aussi de découvrir de nouvelles façons de penser et de nouveaux outils qu’il est parfois simple d’adapter à ses propres préoccupations.

L’association permet également d’engager une réflexion sur la vulgarisation et la médiation scientifiques, deux aspects importants de la recherche pour les membres de Bonne Pioche, qui sont de plus en plus développés au sein des pôles de recherches.

 

 


[1]    Il “bac de fouille” è un grande contenitore destinato ad accogliere delle riproduzioni di reperti archeologici, nascosti sotto qualche strato di farine e cacao, per simulare un contesto di scavo in cui i bambini possano cimentarsi come dei veri archeologi in erba. Il nome “bac de fouille” è un gioco di parole che richiama il “bac à sable”, la sabbiera in cui i bambini giocano nei parchi.

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