Guest post

Il “trucco” del Pintupi

Da questo giovedì Archeokids inizia ad ospitare guestpost.

I primi a raccontare la loro esperienza con i bambini della scuola primaria e della scuola dell’infanzia sono Arjuna Cecchetti e Sara Federici. Arjuna è un archeologo preistorico che collabora con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e dal 2009 organizza laboratori didattici per le scuole dell’infanzia e primaria; Sara è antropologa culturale, attrice e regista, dal 2009 organizza laboratori teatrali interculturali con bambini e adolescenti di differenti età, e dal 2014 ricopre il ruolo di etnologa nei laboratori di preistoria.


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La prima volta in cui ci siamo resi conto che sperimentare l’archeologia con i bambini funziona eravamo riuniti intorno ai resti della capanna protostorica, emersa dopo l’esperienza della simulazione di scavo.

In quel momento tentavamo di spiegare ai piccoli scopritori come mai gli archeologi ritrovano solo alcuni tipi di materiali, mentre altri non si preservano fino ai giorni nostri e portavamo l’esempio delle ossa animali, che si mineralizzano etc, etc. Allora è intervenuta Chiara, otto anni e grandi occhi castani: “Perché quando mangio la bistecca, io le ossa le scotico!”. Ecco spiegato perché gli archeologi ritrovano le ossa animali belle bianche e ripulite.

 

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A questo fatto sono seguiti altri momenti sublimi di comicità, e anche qualche soddisfazione scientifica.

E fin qui avevamo avuto a che fare con meravigliosi esemplari delle terze elementari, quindi tutto sommato già parzialmente edotti sulla preistoria e in una certa misura abituati a seguire le spiegazioni delle insegnanti (comunque tutti bambini che avevano di sicuro già visto L’Era Glaciale!).

Un giorno, invece, ci ha chiamati il direttore del parco didattico dicendo:

“Ciao, ho una grande notizia, si è prenotata un’intera scuola dell’infanzia! Fatemi sapere come volete organizzare il laboratorio, ciao.”

Tuuu…tuuu…tuuu.

Ecco fatto, un’intera scuola dell’infanzia: bambini di tre, quattro e ad andar bene cinque anni! Quando, cosa, come spiegare loro la preistoria, l’archeologia, la stratigrafia?

Come sempre la risposta è giunta all’improvviso, soffiando col vento primaverile: i bambini possono comprendere tutto, dalla tassonomia delle farfalle alla ceramica micenea, però per farlo, forse, è meglio mettersi sul loro stesso piano.

Alcuni (o molti) potrebbero avere da ridire su ciò, ma siamo abbastanza sicuri che la differenza in pedagogia non la faccia la quantità di nozioni che un insegnate è in grado di sciorinare in una lezione (ai bimbi di questo importa poco o nulla), la differenza dovrebbe farla la narrazione che si utilizza per trasmettere loro la storia.

Sulla scorta di questa considerazione abbiamo deciso di mettere in piedi un laboratorio di preistoria che assomigliasse ad un circo dei vecchi tempi: narrato, arrangiato e soprattutto colorato.

Questo fatto dei colori aveva colpito già i bambini più grandi e in effetti stavamo cercando di capire come far loro sperimentare i colori della preistoria, magari attraverso la pittura rupestre o la decorazione della ceramica o forse ancora attraverso la macinazione stessa dei pigmenti naturali.

Ciò si poteva fare però con gli alunni della scuola primaria, appunto. Come procedere allora con i bambini dell’infanzia?

Illuminanti sono state le numerose feste di compleanno a cui avevamo accompagnato la nostra piccola peste di quattro anni, dove ormai è sempre presente l’angolo del “trucca-bimbi”: è nata così l’idea del Pintupi, del Masai, dell’Ebora, della ragazza Inuit e dell’india Yanoami e di tutti gli altri.

Un angolo del nostro circo-laboratorio sarebbe stato dedicato all’etnografia di confronto tra le culture preistoriche e protostoriche e le varie culture-altre contemporanee alla nostra.

All’ombra di un albero di tiglio, Sara, antropologa, avrebbe truccato i bambini da piccoli nativi di tutto il mondo, narrando loro le principali caratteristiche culturali dell’etnia scelta da ogni singolo bambino a partire proprio dal trucco.

 

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Ovviamente la loro è stata soprattutto una scelta di tipo estetico: abbiamo messo a disposizione un portfolio fotografico con foto di bimbi felici truccati secondo l’uso delle diverse culture di appartenenza, di solito in occasione di specifici momenti festivi, bambini di tutti i colori, ovviamente, come ormai di tutti i colori sono i bambini delle nostre scuole.

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Gli altri angoli del circo invece sarebbero stati occupati dalla simulazione di scavo e dal laboratorio di ceramica.

Compito della nostra scelta narrativa è stato di ricucire le tre differenti esperienze in cui i bambini sarebbero stati progressivamente coinvolti.

Quasi fosse un vero rito di passaggio, prima di dividerci nei tre gruppi ci siamo messi tutti in cerchio, al centro del quale c’era un gigantesco mappamondo gonfiabile che poi sarebbe servito ad individuare le diverse aree geografiche di provenienza dei bambini ritratti nelle foto.

L’impazienza e l’euforia del trucco non hanno esitato a manifestarsi e il cerchio degli spettatori diventava sempre più numeroso man mano che la simulazione di scavo e l’esperienza con l’argilla volgevano al termine.

Il trucco dei Masai utilizzato quando i giovani diventano guerrieri è stato il più richiesto tra i bambini maschi: si entusiasmavano all’idea che non avrebbero avuto più nessuna paura…neanche del leone!

Le bambine invece sceglievano soprattutto le immagini degli aborigeni Pintupi e degli indio Yanoami, i più colorati e artistici: bianco, ocra e terra rossa.

L’esperimento è riuscito e verrà di certo riproposto nei futuri incontri con le classi di bambini della scuola dell’infanzia che vorranno percorrere il sentiero dell’archeologia, della preistoria e dell’antropologia.

Quale soddisfazione vedere quei visi colorati e felici assistere partecipi alla mirabolante esibizione finale di caccia preistorica!

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