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Il Senet: il gioco dei faraoni… e dei bambini

Giocare è una cosa seria”, scriveva Bruno Munari ormai più di trent’anni fa e ognuno di noi, se ci pensa un attimo, non può che ammettere quanto tale affermazione sia veritiera e valida per tutti: è così quando siamo bambini, continua ad esserlo quando si cresce (confessiamolo!), ma soprattutto – e alla fine non c’è poi da stupirsi molto – vale da sempre, da millenni. E allora proviamo a fare un viaggio indietro nel tempo per vedere come si giocava nel passato e quali significati fossero legati a un’attività del genere. Allacciate le cinture, si parte alla scoperta del Senet, uno dei giochi più antichi che conosciamo. Destinazione: l’Antico Egitto.

Uno dei quattro Senet ritrovati nella tomba di Tutankhamon (1341-1323 a.C.)

Un gioco per tutti

Il Senet nasce come gioco per pochi, d’élite: pare infatti che in origine (V-IV millennio a.C.), quella che possiamo definire una sua “versione beta”, fosse un passatempo riservato ai soli faraoni. Solo più tardi, intorno al 1500 a.C., una sua variante più elaborata iniziò a diffondersi e a divenire popolarissima anche nel resto della popolazione, bambini compresi.

Questo gioco entrò in maniera così dirompente nella vita degli antichi Egizi che sono frequenti i ritrovamenti sia di scacchiere, immagini e spiegazioni di partite di Senet in molte tombe (alcune anche famosissime, come quella di Tutankamon o di Nefertari) sia di citazioni del gioco in numerosi geroglifici che raccontano la vita quotidiana e il passaggio dalla vita alla morte. Se a questo si aggiunge che il termine Senet significa proprio “passaggio”, non è difficile come alcuni studiosi abbiano potuto ipotizzare che nel complesso sistema di credenze egizie legate all’aldilà, si potesse ritenere che le sorti del defunto dopo la morte potessero essere legate al risultato di una partita di Senet, giocata contro un avversario invisibile.

Affresco raffigurante la regina Nefertari che gioca col Senet, ca. 1320-1200 a.C. (fonte: history.com)

 

Come si gioca

Nonostante le numerose testimonianze di varia natura sul Senet conservatesi fino ai giorni nostri, le sue regole originali non ci sono arrivate in forma integrale e univoca. Alcuni studiosi come Timothy Kendall e Robert Charles Bell, non si sono comunque dati per vinti e hanno provato a ricostruirle basandosi su una serie di ragionamenti logici che però, va precisato, non hanno mai trovato un riscontro storico certo.

Quel che è sicuro è che il gioco è pensato per due persone ed è costituito da una scacchiera composta da 30 caselle disposte in 3 file da 10. Si gioca con due diversi set da 7 pedine per giocatore che, una volta conclusa la partita, potevano essere riposte in un cassettino ricavato all’interno della scatola del gioco stesso. Le pedine si muovevano a partire dalla casella in alto a sinistra fino ad arrivare a quella in basso a destra e venivano spostate in base al lancio di alcuni bastoncini che fungevano da dadi. Lo scopo del gioco era quello di portare in salvo, “nell’aldilà”, tutti i propri pezzi oltrepassando l’ultima casella della tavola di gioco. Vinceva ovviamente chi per primo riusciva a completare il percorso con tutte e sette le pedine.

Nebenma’at e sua moglie giocano col Senet mentre la figlia assiste alla partita. La scena proviene dalla loro tomba a Tebe, ca. 1250-1100 a.C.

 

Attenzione però: non tutte le caselle erano uguali! A metà percorso infatti era collocata la “casa della rinascita”, quella in cui una pedina non può essere “attaccata” ma anche il punto di ritorno per chi cade nella casella 27, quella col simbolo dell’acqua. La casella 26 è invece quella della “casa dell’abbondanza”, anche qui le pedine non possono essere attaccate da quelle dell’avversario. La stessa regola vale per le ultime tre caselle (che spesso sono indicate sulla tavola da gioco anche solo col numero del punteggio che serve per completare il percorso): la 28 (la “casa delle tre verità”) in cui la pedina dovrà attendere di ottenere un 3 per poter uscire, la 29 (che ha come simbolo l’Occhio di Horus) in cui la pedina stazionerà finché non otterrà un 2 lanciando i bastoncini e infine la 30 (la “casa di Ra”) dove una volta giunti basterà attendere un 1 per passare nell’aldilà.

Dove trovarlo

Come vedrete anche facendo una breve ricerca in rete, nell’antichità esistevano molti tipi diversi di Senet e ancora oggi, dal momento che le regole non sono state ricostruite in maniera univoca, l’aspetto della tavola da gioco può differire per qualche dettaglio sia nei modelli in vendita che in quelli ridisegnati dagli appassionati. La scacchiera, tuttavia, avendo un’architettura molto semplice può anche essere facilmente riprodotta a mano su un foglio; in alternativa potete scaricarla e poi stamparla da qui.

In caso siate più tecnologici, esistono anche diverse versioni online per giocare da pc e diverse app dedicate che potete scaricare sul vostro cellulare o tablet. Personalmente, posso consigliare questa (ho vinto sul filo di lana la prima partita, quindi mi sono entusiasmata, capitemi) ma la scelta è ovviamente ampia.

Se poi a questo punto aveste la curiosità, come spero, di vedere dal vivo un Senet autentico, il Museo Egizio di Torino è il posto che fa al caso vostro! Nell’attesa, potete aprire questo link, cliccare sulla foto e provare a immaginare quante sfide lo abbiano visto protagonista.

Il Senet è stato per millenni – ed è ancora oggi – un passatempo che insegna un po’ a tutti come giocare e divertirsi anche di fronte a qualcosa di serio come la morte e l’aldilà… Insomma, che vi sentiate faraoni o vi vogliate immedesimare in un bambino dell’Antico Egitto, poco importa, la vita e il gioco sono così strettamente legate che sarebbe un peccato non concedersi la partita!

Quindi… Buon divertimento!

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