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Amori Divini: un viaggio nel mito che piacerà tanto ai bambini

Sapete perché l’Europa, il continente in cui noi tutti abitiamo, si chiama così? C’era una volta una splendida fanciulla, di nome Europa per l’appunto, figlia del re dei Fenici, che viveva sulle rive asiatiche del mar Mediterraneo, in quello che oggi è il Libano.

Un giorno, mentre raccoglieva dei fiori a pochi passi dalla spiaggia, vide un toro bianco, magnifico, possente ma docile. La ragazza si accostò per accarezzarlo e a quel punto il toro la convinse a salirgli in groppa e si alzò in volo. Mentre volava via le svelò che non era davvero un toro, ma Zeus, il re degli dèi, che si era trasformato in animale per amore. Sorvolò mari e terre fino a quando giunse sull’isola di Creta e qui depose Europa all’ombra di un platano.

Da quel momento in poi la fanciulla visse su quell’isola e diede alla luce tre figli. Fu madre di Minosse e nonna del Minotauro e con lei nacque l’EUROPA, quel grande continente a cui noi tutti – italiani, francesi, inglesi, tedeschi, greci, ecc. – apparteniamo.

L’ingresso al Museo Archeologico di Napoli – MANN.

L’ho fatto di nuovo. Anche questa volta, visitando la mostra Amori Divini – grazie all’invito di Electa – in corso al Museo Archeologico di Napoli, ho provato non solo a guardarla e a soffermarmi sui dettagli con gli occhi di una bambina ma anche a figurarmi nella mente un possibile percorso di visita adatto ai più piccoli. La mostra è allestita negli spazi del museo attigui al grande Salone della Meridiana, quello – per intenderci – in cui si trova la possente statua dell’Atlante Farnese che regge sulle sue spalle il globo terrestre. Ed è proprio qui, ai piedi di Atlante, che il racconto, in forma di lettura ad alta voce, potrebbe iniziare a dispiegarsi. D’altronde la parola greca mythos significa appunto ‘racconto’ e rimanda alle storie di amore, odio, vendetta che vedono contrapposti le divinità e i mortali, in un susseguirsi concitato e sorprendente di vicende di trasformazione che ai bambini piacciono tanto perché attingono a una dimensione primigenia e fantastica carica di mistero e magia.

La conoscenza delle storie è, dunque, il primo passo per accostarsi ad un percorso espositivo che propone un viaggio nel mito greco e nella sua fortuna attraverso i secoli a partire da due ingredienti narrativi fondamentali: la seduzione e la trasformazione, talora volutamente scelta dagli dèi come espediente amoroso, altre volte imposta agli uomini come punizione per l’amore negato.

Antonia Falcone, archeoblogger di “Professione archeologo”, assieme alla curatrice della mostra Anna Anguissola. Ai piedi i copriscarpe azzurri per evitare di camminare con le scarpe sui mosaici.

L’accesso alle sale della mostra comincia con un piccolo rituale che ai bambini piacerebbe tanto: indossare dei copriscarpe, come quelli che si usano in piscina. La precauzione è d’obbligo per preservare il più possibile i pregiati pavimenti musivi provenienti da vecchi scavi in località campane, ora finalmente visibili dopo essere stati a lungo nascosti da tavole e moquette. Una scoperta nella scoperta in un certo senso, perché la ricchezza dei colori e dei motivi geometrici dei mosaici è tale da catturare spesso l’attenzione del visitatore e costringerlo a guardare verso il basso oltre che attorno a sé.

La mostra – articolata in quattro sezioni tematiche: “La materia del mito”, “Il dio muta forma”, “Il dio trasforma”, “Corpo e spirito” – raccoglie 80 opere (ceramiche, affreschi, statue, dipinti, suppellettili) provenienti da quella che era un tempo la Magna Grecia, la culla della grecità in Italia, in evidente continuità con il filone tematico della mostra “Pompei e i Greci” allestita nella Palestra Grande di Pompei.

La materia del mito

Il colpo d’occhio iniziale è estremamente efficace: al centro di uno spazio delimitato da pareti curve campeggia una grande vetrina illuminata che si staglia su basi metalliche, una sorta di “millepiedi”, come tante zampe di animali. All’interno, quello che è un vero e proprio repertorio figurativo dei principali miti greci, quelli raccontati dal poeta Ovidio nel suo libro Le Metamorfosi e che per secoli hanno ispirato artisti e letterati. Proprio per la sua posizione centrale, la vetrina può essere ammirata da tutti i lati. Facile immaginarsi i bambini radunati attorno che da ogni angolo, con occhi sgranati per la meraviglia, scrutano le scene raffigurate sui vasi e pian piano riconoscono i vari personaggi. Sul vaso con il collo lungo (loutrophoros) a figure rosse c’è Leda, moglie del re di Sparta Tindaro, che accarezza un cigno – che altri non è se non Zeus trasformato in animale – e lo bacia poi con trasporto sul collo.

Foto di Stefano Bonomelli.

Sulle pareti del cratere a calice è invece rappresentato un altro mito, quello di Zeus e Danae. Il dio dell’Olimpo, invaghitosi di Danae rinchiusa da suo padre in una camera sotterranea, si trasforma addirittura in pioggia d’oro e filtrando tra le travi del tetto bagna il corpo della fanciulla e “getta” nel suo ventre il seme di quello che sarà il loro figlio: Perseo.

Per rapire invece il pastore Ganimede, “il più bello tra tutti i mortali” come lo definisce Omero, Zeus assume le sembianze di un’aquila; a proposito di Ganimede colpisce, in un dettaglio di una brocca per l’acqua (hydria), la rappresentazione di un cerchio da gioco che il ragazzo regge con una mano. È solo un giovinetto, non sa ancora nulla dell’amore e della vita; stare all’aperto con gli animali e giocare sono le sue principali attività quotidiane, quelle a cui Zeus-aquila lo strappa per sempre per condurlo con sé sull’Olimpo.

“Zeus che insegue Ganimede”, 460-450 a.C. Hydria attica a figure rosse attribuita al Pittore di Eupolis, Città del Vaticano, Musei Vaticani.

Il dio muta forma

Danae, Leda, Europa, Ganimede – i mortali amati da Zeus e da lui conquistati con l’inganno e grazie al suo potere di tramutarsi in altro da sé – sono con le loro storie protagonisti anche della seconda sezione della mostra, dove però dal mondo greco si passa ai secoli successivi per sondare la fortuna e la popolarità di questi miti prima in epoca romana e poi in età moderna.

A Pompei, nelle pitture parietali soprattutto, le scene mitologiche erano molto diffuse e qui un piccolo campionario viene offerto allo sguardo curioso del visitatore. C’è Danae al cospetto dei due pescatori che ritrovano la cassa in cui lei e il suo bambino sono stati rinchiusi prima di essere gettata in mare; c’è Leda avvolta in un manto rosato che trattiene sul braccio il cigno e poi ancora Europa in groppa al toro con le sue compagne che guardano stupite l’animale.

Europa. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Intonaco dipinto ad affresco, 20-25 d.C. Da Pompei, Casa di Giasone (foto Electa).

Ciascuno di questi affreschi è una sorta di “silent book” dell’antichità, un libro di immagini da guardare con gli occhi della mente per ricostruire, partendo dalle figure, dalle loro movenze e dai particolari, lo svolgimento della storia e coglierne i momenti topici. Quale strumento più adatto per introdurre i bambini non solo alla lettura del mito ma anche alla esplorazione delle forme e dei modi in cui la cultura greca, assorbita dai Romani, viene rielaborata e trasmessa?

Tra i pezzi più significativi della sezione figurano anche una gemma con la raffigurazione di Leda e il cigno – nascosta in un taglio praticato nella parete e piccolissima se messa a confronto con le dita di una mano – e il gruppo scultoreo in marmo bianco dell’artista danese Bertel Thorvaldsen che ritrae Ganimede nel momento in cui, accovacciato al suolo, abbevera l’aquila con una coppa che stringe tra le mani.

Bertel Thorvaldsen, “Ganimede abbevera l’aquila”, Roma Collezioni dell’Accademia Nazionale di San Luca, 1817.

Il dio trasforma

Quando non è la divinità a trasformarsi, la metamorfosi riguarda gli uomini con una differenza sostanziale tuttavia: i mortali non scelgono la mutazione ma la subiscono come punizione da parte del dio per aver negato il proprio amore. Agli uomini non è dunque concessa la libertà di amare chi vogliono, ma i loro desideri e sentimenti sono manovrati dall’alto, come marionette in un teatrino costrette ad assecondare la volontà di chi muove i fili. E chi non obbedisce e prova a ribellarsi è severamente colpito. Questo è il filo conduttore della terza sezione, dedicata alle storie della sacerdotessa Io tramutata da Zeus in giovenca, della sventurata ninfa Callisto e poi ancora di Dafne, che per sfuggire all’amore di Apollo implora gli dèi di salvarla e viene trasformata nella pianta dell’alloro e infine di Eco che, rifiutata dal bel Narciso, si consuma fino a diventare roccia e della sua voce non resta nulla che una pallida eco.

Eco invece, per la disperazione, a poco a poco si dissolse nell’aria, come una nebbia leggera sparì, ma non lasciò del tutto questo mondo. Tra le rocce profonde e negli abissi lontani Eco vive ancora. Condannata ad essere solo voce, ripete da allora e per sempre le nostre parole. Non l’avete mai sentita?

(Le Metamorfosi di Ovidio, laNuovafrontiera junior)

Le connessioni tra antico e moderno sono in questa sezione, in particolare, efficacemente sintetizzate nell’accostamento parallelo di affreschi, rilievi o sculture romane con quadri di pittori del Seicento e Settecento. Sarebbe interessante con i più piccoli, in una sorta di laboratorio estemporaneo dell’immagine, cogliere analogie e differenze, mancanze e variazioni nelle varie raffigurazioni ma anche ragionare sugli infiniti modi che vi sono di rappresentare uno stesso tema.

Foto di Stefano Bonomelli.

Corpo e spirito

Densa di pathos, di sensualità e di mistero è infine l’ultima sezione, quella dedicata al mito di Ermafrodito e Salmacide, dalla cui unione – bramata dalla ninfa e respinta invece dal giovane – vien fuori una figura umana ibrida, metà puer e metà donna, simile eppure diversa da entrambi. E la doppia natura dell’Ermafrodito, vittima di un destino a cui finisce per arrendersi dopo tanto resistere, si esprime in tutta la sua drammatica essenza nelle rappresentazioni pittoriche e scultoree di lotta con il Satiro, come nel symplegma scultoreo di tradizione ellenistica.

Symplegma di Satiro ed Ermafrodito, Parco Archeologico di Pompei, Marmo bianco, I secolo d.C. Da Torre Annunziata (foto di Stefano Bonomelli).

Le metamorfosi, raccontate da Ovidio nel suo poema e a sua volta riprese dal patrimonio culturale greco, sono storie che a distanza di secoli continuano a sorprendere, a far riflettere e ad ispirare generazioni di artisti e scrittori perché, come scrive Sallustio in una citazione riportata sulla parete all’ingresso della mostra, “queste cose non avvennero mai, ma sono sempre”. E da questa fascinazione mitologica non sono certo esenti i bambini, catturati da un connubio vincente di fantasia, mostruosità e umanità. Al di là delle contrapposizioni tra sfera umana e divina e ben oltre le implicazioni culturali che ogni singola vicenda comporta, è importante soffermarsi sul concetto di metamorfosi applicato alla sfera dei sentimenti che ciascun adulto, e dunque anche bambino prova, pur non percependone con chiarezza i contorni. Ogni emozione, crescendo, muta e si trasforma in qualcos’altro di più grande; talora il cambiamento è positivo, altre volte negativo, ma è pur sempre necessario in un processo di crescita emotiva e umana. E a volte esorcizzare un passaggio emotivo attraverso l’escamotage narrativo può contribuire a renderlo meno indolore e più sopportabile.

Dentro ognuno di noi c’è qualcosa di divino e qualcosa di umano eternamente in conflitto e perennemente inconciliabili; il mito può aiutare se non a fare chiarezza perlomeno a guardarci dentro con più serenità.

 

Consigli di lettura

Alle famiglie che vorranno accompagnare i propri bambini in questa esplorazione nel mondo delle metamorfosi, all’interno d’altronde di uno dei musei archeologici più ricchi e belli d’Italia, suggerisco due libri per accostarli alla visita: il primo Le Metamorfosi di Ovidio raccontate da Laura Russo e Irene Scarpati con le illustrazioni di Elisa Mantoni, laNuovafrontiera junior (qui la mia recensione) e il secondo Le Metamorfosi. Storie di mitologia di Roberto Piumini, con le bellissime illustrazioni di Alessandro Sanna, Mondadori.

Buona visita!

 

La mostra “Amori Divini“, a cura di Anna Anguissola e Carmela Capaldi con Luigi Gallo e Valeria Sampaolo, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli con l’organizzazione di Electa, che ne cura anche il catalogo. L’allestimento è a cura di stARTT, Studio di architettura e trasformazioni territoriali, Roma.

Sarà possibile visitarla fino al prossimo 16 ottobre.

Tutte le info le trovate qui: www.mostraamoridivini.it/

Fonte: Electa Editore

Amori Divini

Book Cover: Amori Divini
Editions:Paperback: € 28,20
Pages: 184

A partire dal mirabile opus magnum di Ovidio, fino alle più contemporanee interpretazioni della psicologia, i miti greci e in particolare i miti greci della metamorfosi sono stati tra i temi più affascinanti e generativi di pensiero della storia. Non solo le scienze umane e la letteratura ma anche e soprattutto l'arte, dall'antico al contemporaneo, ha subìto il fascino di Dafne, Narciso, Eco, Ermafrodito e ne ha dato rappresentazioni che sono entrate nell'immaginario collettivo. Il volume esplora il tema proponendo le storie dei miti e le differenti tipologie di trasformazione, attraverso testi di studiosi corredati da un ricco apparato iconografico di opere antiche e moderne in dialogo costante. Il volume è pubblicato in occasione della mostra Amori Divini, in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dal 7 giugno al 16 ottobre 2017.

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Publisher: Electa Mondadori
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